Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
Stella d'Oriente
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Parte prima

III

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III

Si rasciugò l’ultima lagrima e aprì la sua finestra che dava nella via.

Scoccava mezzanotte: sul cielo limpidissimo brillavano le stelle velate dal chiaro fulgido della luna piena, vaganti attraverso un fascio di sfumature dorate, a gradazioni strane, come meandri verdognoli, rosei e color di viola: i profili dei palazzi si disegnavano bianchi, vaghi, indistinti fra la nebbia biancastra della luna e i palmizi tremolanti scintillavano così che a Maurizio sembrò fossero spruzzati dalle scintille d’oro del mare. Solo la colonna e la statua della Vittoria nereggiavano fra tutte quelle sfumature bianche, ma le loro estremità brillavano come orlate di diamanti. Tutto era bello, magico, incantato in quella soave notte di giugno; ma Maurizio non vi badò a lungo, gli occhi fissi in un’ombra vagante sulla facciata del palazzo, probabilmente proiettata dal terrazzo. A un tratto lasciò la finestra e salì silenziosamente sul terrazzo. Né s’ingannava. Fra i fiori dal profumo inebbriante in quell’ora di profondo silenzio, olezzanti nell’aria azzurra e rorida della notte, e la lussureggiante verzura, appoggiata al parapetto di marmo, stava una donna. Dall’abito di velluto bianco a fiorami color viola e dal luccichio fulvo dei capelli Maurizio riconobbe Stella. Un forte palpito lo tenne un momento inchiodato al suolo, ma poi passandosi una mano sulla fronte si avanzò mentre Stella, rivolgendosi vivacemente esclamò:

– Ah, mi hai fatto paura!…

– Che fai a quest’ora? – chiese lui con voce tremula.

Meditavo… E tu che vieni a farci? – domandò Stella guardandolo fisso. Vide i suoi occhi rossi ed esclamò:

– Ma tu piangevi! Perché piangevi?

Maurizio non rispose, ma fattosele vicino Stella si accorse che tremava e ripeté:

– Ma perché piangevi?…

– Perché ti amo!…

Stella non si mosse, ma anch’essa sussultò e un lampo sfolgorò nei suoi occhi: la statua si animava; ma tosto ricadde appoggiandosi al parapetto, e, nascosto il viso fra le mani, mormorò con angoscia:

– Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio!…

Anche il giovine si chinò e con voce leggera, leggera, tremula e supplicante ripeté:

– Sì! Ti amo, e tu?

– Io?… Ti amo anch’io!…

Maurizio mandò un legger grido: Stella si rialzò sorridendo quasi si fosse velata il viso per rivelare il segreto del suo cuore. E mentre i loro volti scintillavano di una gioia purissima come il pallido fulgore della luna i due giovani si strinsero la mano. Il velo era squarciato. Maurizio mormorò con passione:

Grazie, Stella! Se tu sapessi come ho sofferto!

Grazie, Maurizio! – rispose lei sorridendo. – Se tu sapessi come soffrivo!…

E , tra i fiori e la luce della luna di quella notte bianca che rimase impressa nella loro fantasia come un sogno orientale, tra gli olezzi delle rose e delle magnolie e il susurro della brezza baciante i palmizi, si narrarono i pensieri, i sogni, i palpiti e i dolori, provati dal giorno che il loro cuore, il gran tiranno della vita, aveva cominciato ad amare.

L’indomani Stella rifiutò risolutamente la domanda di RDonna Anna e il marchese ne restarono dolenti, ma non dissero mai nulla a Stella: l’amavano troppo per costringerla a farsi infelice con un matrimonio di convenienza, sapendo del resto la bionda fanciulla capace di rinnovare la scena del collegio.

Agli ultimi di estate, come ogni anno, andarono alla Mambrilla. Donna Anna notava in Stella uno strano cambiamento: non più misteriosamente triste come prima, dalla sua fronte era sparita la ruga per lasciare il posto ad un dolcissimo sorriso che accresceva la sua bellezza. Troppo fina osservatrice per non accorgersi di quel cambiamento e… della sua causa, Donna Anna indovinava che Stella amava, chi? ecco ciò che non le riusciva a scoprire! Sicché decidevasi ad interrogarla quando, di repente, una sera di agosto, nella magnifica sala da pranzo della villa, vide la ruga, quel bizzarro termometro dell’anima di Stella, ricomparsa nella sua fronte di marmo dorato, più strana, più rimarcata di prima… Ma se la marchesa trasalì, Maurizio provò del terrore. - Anch’egli vedeva!…

Vedeva la ruga e gli occhi di Stella, che scintillanti si fissavano sempre nei suoi, che si erano velati di nuovo con la tinta di mistero e di tristezza. Che significava?... Sin dai primi giorni del loro amore Maurizio voleva parlarne ai genitori, ma Stella vi si era fortemente opposta dicendo: – No! bisogna lasciar correre un po’ di tempo prima di svelar nulla a loro, ora, benché leggermente irritati per il rifiuto al barone di R… si irriterebbero davvero. Ma al ritorno da Mambrilla R… sarà dimenticato e allora parleremo!

Maurizio le baciò sorridendo la mano in segno di obbedienza.

Il tempo passava: si amavano romanticamente, in segreto, parlandosi al chiaro di luna, tra i fiori del terrazzo, e Stella era stata sempre allegra.

Ora Maurizio si domandava con turbamento perché la fanciulla ripiombasse nella tristezza primiera

Aspettò ansiosamente la notte e nell’ora convenuta scese in giardino, ma cercò e attese invano la fanciulla.

– Oh! – mormorò con dolore, – che significa questo? Mio Dio, che la abbia involontariamente offesa?

Ritirossi, ma quasi per due ore rimase alla finestra spiando se Stella scendesse in giardino.

– Nulla… – esclamò ritirandosi.

Passò una ben triste notte e per tre o quattro giorni seguitò così perché Stella - e lui se ne avvedeva - non solo evitava di trovarsi soli, ma di guardarlo in viso!...

Anch’egli diventò triste. Don Francesco si assentò per alcuni giorni; sicché Donna Anna faceva sovrumani sforzi per rendere allegra la mensa di Mambrilla, sempre circondata di convitati, vicini di campagna, perché i suoi figli non parlavano più, assorti eternamente in strani pensieri, e se sorridevano era con sorrisi forzati, come sussulti.

La marchesa cadeva di sorpresa in sorpresa; ma una notte le balenò nella mente il pensiero che Maurizio e Stella fossero entrambi innamorati… di chi?… Per Bacco, l’uno dell’altro!…

Fu un lampo di luce ma Donna Anna sulle prime se ne sbalordì, sembrandole qualche cosa di spaventevole, d’immondo, precisamente come a Maurizio, e ne rigettò con orrore la supposizione.

Poi sorrise di sé stessa e non provando più alcuna indignazione, cercò, spiò frugò, ma non riuscì a scoprir nulla che confermasse il suo dubbio. Tuttavia finì col convincersene davvero, benché avesse sognato per Maurizio, da buona madre, uno splendido e superbo maritaggio. Nel caso che i due giovani si fossero fortemente amati avrebbe acconsentito di cuore, perché amava pazzamente Stella benché nol dimostrasse, e, cosa strana, la triste freddezza della fanciulla accresceva il suo amore.

V’erano ore in cui, come a Maurizio per Ninnia, le sembrava di amare più la bionda figlia del popolo, innalzata sino a lei a cui aveva salvata la vita, che suo figlio.

Sorridevano pensando: – Oh, sono ancora romantica! – ma intanto sentiva che allorché Stella lascierebbe la loro casa per allontanarsi e seguire l’uomo del suo cuore, avrebbe provato davvero un immenso dolore, forse come non provava pensando al giorno che anche Maurizio gli avrebbe lasciati soli per accasarsi.

Un giorno, parlando di ciò a Stella che l’ascoltava sorridendo, misteriosamente le disse: – Oh, mia carissima, mi pare che il giorno in cui ci lascierai, un gran vuoto formerassi intorno a me, che non potrò più essere allegra come ora, che disprezzerò tutti i divertimenti perché non t’avrò più al fianco.

Stella l’udì con gioia, poi lasciato il lavoro, le gettò le braccia al collo e baciandola esclamò: – Mammà mia, mia buona mammà, io non ti lascierò mai, mai, mai!...

Ora Donna Anna sorrideva all’idea del matrimonio di Stella con Maurizio perché così sarebbesi avverata la buona profezia della fanciulla. Restando Stella sempre vicina a lei, con Maurizio, la marchesa vedeva una bella vecchiaia irradiata dal sorriso dei bimbi dei suoi figli.

Pensò parlarne a Don Francesco, ma prima avrebbe voluto assicurarsi bene se ciò che immaginava fosse realmente vero.

– Ecco – disse una seraora mi dispiacerebbe quasi se tutto ciò fosse un romanzo della mia fantasia. – Ma la stessa sera il caso, quel famoso caso, l’aiutò.

A ora tarda di notte, non potendo dormire o non volendo svegliar la cameriera, uscì essa stessa dal suo appartamento ed entrò nella biblioteca per pigliarsi un libro. Entrò senza far rumore e appena trasalì perché il suono di due voci, quasi indistinte, che partiva dal salottino di lavoro di Stella una cui porta dava nella biblioteca, le ferì l’orecchio. Spense il lume e accostandosi a quella porta sorrise: aveva riconosciuto in quelle due voci tremule, leggere, le voci di Stella e Maurizio.


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