Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
Stella d'Oriente
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Parte prima

XII

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XII

Le settimane passavano: don Francesco doveva assolutamente lasciare Anglona, e stava per abbandonare pur anche momentaneamente Maria quando questa gli diede una notizia terribile per lei, ma che colmò di gioia il marchese.

Maria era madre: ora don Francesco era convinto che, fra il bivio di rimanere ad Anglona, abbandonata da lui, disonorata, o di seguirlo a Napoli, avrebbe certo scelto la seconda via.

– In quanto a Marco, – pensava il marchese, – è facile ingannarlo dicendogli che sua figlia si reca a Napoli per lavorare in una gran casa di mode ove sarà tanto ben pagata che potranno vivere in lusso. Poi?… L’avvenire provvederà: Marco è sempre malaticcio: si vede bene, non vivrà più di due o tre anni!…

Così il marchese, sicuro di sé, quando Maria gli disse piangendo esser necessario sposarsi in segreto e dir tutto a Marco, prendendole le mani ardenti e tremule, affascinandolo con lo sguardo azzurro e scintillante, le rispose lentamente: – Non temere di nulla!

Quando il mondo saprà ciò che tu chiami il tuo disonore, ti chiamerai marchesa d’Oriente! Comprendi?

Maria credé bene di capire e sussultò di gioia. Risposegli:

Grazie! Lo so che tu sei troppo nobile e generoso per lasciarmi così: tuttavia, giacché è possibile, sposiamoci subito, come ti dissi. Nessuno lo saprà: ti seguirò a Napoli: mi vedrai in segreto!

– Sì, questa è la mia idea: tu e tuo padre verrete a Napoli dov’io vi farò una posizione invidiabile sino al giorno in cui entrerete nel mio palazzo, tu col mio nome.

– Sì, va bene, ma senti, Gennaro, tuo nonno è forse destinato a vivere ancora molti anni… ed io non posso aspettare la sua morte… È d’uopo che tu mi sposi subito, comprendi, subito…

– Ah, lo sa il mio cuore se anch’io desidero ciò. Ma è impossibile!

– Tuo nonno… nessuno lo saprà.

– Mio nonno!… – esclamò don Francesco che non ostante la sua ferma risoluzione chinò gli occhi al suolo. – Oh, vi sono altri ostacoli!… Egli non vide il livido pallore che coperse il viso della fanciulla a quelle semplici parole; non seppe il tuffo di sangue che affluì al di lei cuore, altrimenti non avrebbe proseguito.

– Altri ostacoli?… – mormorò Maria, mantenendo a stento ferma la voce e fissandogli in viso gli occhi smarriti. – Tu non me ne hai parlato mai, Gennaro: quali sono essi? Parla, parla!…

Don Francesco non rispose subito. Guardava sempre a terra e un sorriso indefinito, strano, quasi di dolore, sfioravagli la bocca

Parla! – ripeté Maria con voce più alta e fremente. – In nome di Dio, parla!… – Gli posò una mano sull’omero: don Francesco trasalì: quella mano gli sembrava di fuoco, e per la prima volta gli balenava rapido alla mente il pensiero che commetteva un’infamia… Ma passò, - e del resto?… Il dado era gettato e certo, doveva saperlo prima d’allora, Maria non avrebbe accolto con gioia quella tremenda notiziaAlzò dolorosamente la testa e mormorò:

– E non hai compreso ancora?… Non hai compreso che mi chiamo Francesco d’Oriente e che sono ammogliato?…

Poi si portò una mano alla bocca per reprimere un grido di dolore. Maria, ascoltate le sue parole, sbarrando gli occhi, quando esso ebbe finito, senza gridare, senza gemere, aveva chinato la testa e rinchiuso quegli occhi la cui straziante espressione rimase fitta nell’anima di lui come un rimorso

La credette morta! Si alzò; e si strinse le tempia con le mani convulse mormorando: – Oh, mio Dio! mio Dio! Mi sono ingannato!… – prese una bottiglia in cui scintillava dell’acqua ghiacciata e bagnò la fronte della fanciulla: ma essa non diede alcun segno di vita. Dei singhiozzi convulsi agitavano il petto del marcheseMaria rinvenne dopo lunga ora. Allora don Francesco le si inginocchiò davanti e piangendo le chiese perdono, le parlò a lungo del suo amore, dei suoi progetti, con voce rotta dai singhiozzi come una fanciulla sentimentale. Forse era sincero, e Maria pareva l’ascoltasse senza quasi respirare, senza rispondere, ma in realtà essa non l’ascoltava punto, non si accorgeva di lui che pure era , ai suoi piedi: essa pensava alla sua tremenda sventura, a suo padre, alla voce maledetta che un giorno le aveva detto: – Pare una duchessa! – e sentiva nella sua anima, nel suo pensiero, qualcosa di confuso, di delirante, un arcano ed immenso dolore: forse la pazzia!… - La voce di don Francesco le giungeva da lontano, le pareva una voce sentita altra volta, ma di cui non si ricordava bene; e quando, lentamente sfumato il tristo smarrimento del suo pensiero, udì chiaramente quella voce e vide il marchese inginocchiato, allora provò un brivido di fuoco che spingeva la sua mano a schiaffeggiare quell’essere che la aveva così vilmente perduta… Ma si dominò: solo stese la mano verso la porta e disse con voce aspra e sibilante:

Vattene via, miserabile, vattene via!…

Lui però non si mosse, non parlò più: quelle parole e quel gesto l’avevano come pietrificato.

Vattene via, miserabile! – ripeté Maria, alzandosi e scostandosi da lui. – Vattene via!

Anche lui si alzò, mosse le labbra per parlare, ma dal suo petto non uscì che una specie di ululo sottile e straziante: Maria apriva la finestra, ripetendogli per la terza volta:

Vattene via, miserabile, o chiamo aiuto!…

Allora don Francesco si passò una mano sulla fronte sudata, e uscì, silenziosamente, automaticamente, da quella casa che aveva disonorato. Camminò quasi tutta la notte, pazzo, delirante, attraversò i campi, attraversò i boschi, singhiozzando, lacerandosi le vesti, urtando, come una bestia o uno di quei cavalieri erranti e maledetti delle fiabe, e l’alba lo trovò in riva all’Agri tentato dal demonio del suicidio. Ma vide gente: i suoi contadini probabilmente; e provando un senso di vergogna si allontanò rapidamente. - Per tutto il resto del tempo che rimase ad Anglona cercò con tutti i mezzi possibili di rappacificarsi con Maria, ma fu sempre respinto e dovette partire senza rivederla.

Per qualche anno non poté ritornare ad Anglona, e quando vi ritornò non poté aver nessuna notizia di Maria.

Del resto altre passioni s’erano accese nel suo volubil cuore, e la triste fanciulla non occupava, oramai nel suo pensiero che un indistinto e melanconico ricordo, forse un rimorso o un rimpianto.


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