Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
Stella d'Oriente
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Parte seconda

I

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Parte seconda

I

«Imbrunisce. Dalla mia finestra aperta veggo l’ampio cielo sorridente e azzurro, d’un azzurro argenteo a sfumature d’oro, a sfumature di smeraldo, su cui cominciano a scintillare vagamente le prime stelle, come dietro un velo orientale. Ma la mia stella non v’è: essa splende fulgida all’alba; essa è Diana, bella, grande, tremula e sfolgorante come gli occhi tuoi. La prego sempre di scendere presso di te e narrarti il mio amore: essa svanisce tra i primi riflessi dell’alba bianca, - ritorna l’indomani sul cielo di velluto color viola, ma non mi risponde mai nulla, mai!

«Non veggo quasi più. Le case, i campi, le montagne si avvolgono in un mantello di nebbia azzurra, olezzante come fumo di incenso, scintillante alla luce siderea - mentre tra il verde cupo dei boschi, sulle rupi dei monti, in fondo alle valli, brillano i primi fuochi di lontani pastori - e nelle finestre spalancate, alla brezza del crepuscolo appaiono, pallidi e silenti, i profili delle fanciulle che pensano al diletto del loro cuore

«Perché in quest’ora così tranquilla e melanconica con le sue penombre, con le sue sfumature, dalle tinte indefinite, scorre da per tutto, dalla natura all’uomo, un fremito arcano di misteriosi e infiniti desiderii, di sospiri che nascondono un singhiozzo, di sorrisi che velano una lagrima?… Perché in quest’ora triste ed azzurra - in cui persino i trilli degli uccelli che vagano lassù, lassù, nei campi glauchi del cielo illuminati dai raggi delle stelle, sono più mesti e soavi fra la luce del sole, - perché si ama, più che nelle altre ore del giorno, con un amore intenso, ardente nella sua tristezza, che fa provare palpiti di disperazione e di speranza confusi insieme, che ricorda i dolori del passato; - i sogni d’oro dell’avvenire - scacciando così ogni altro pensiero che non sia dedicato all’idolo adorato dal cuore? E chi lo sa! Tutti i grandi uomini, da Dante a Byron! piansero a quest’ora e piansero d’amore

Questo passo, che lessi nel giornale di una fanciulla innamorata, mi venne al pensiero, e dal pensiero scivolò alla penna, mentre stavo per cominciare la seconda par-te di questo modesto racconto. Perché infatti era l’imbrunire che precedeva la notte in cui Stella doveva lasciar la Mambrilla.

Maurizio scendeva a piccoli passi il sentiero, e guardando il cielo dalle tinte metalliche, coperto da immense ondeggiature cineree a riflessi color rosa e oro e viola, fra cui correva la luna dai primi scintillii sfuggenti fra la luce del crepuscolo ammirando le linee lucenti del paesaggio overa scomparso il sole, sentiva anch’egli la indefinita melanconia che invade l’anima a quell’ora piena di poesia e di amore. - Ogni tanto il giovine si rivolgeva, per guardare le finestre di Stella, ma esse rimanevano sempre chiuse, opache, triste, e lui ripigliava il suo cammino, mormorando con un leggero sorriso: – Stel-laStellaStella...

Arrivato a un certo punto egli trasalì lievemente, come se avesse visto qualcuno la cui presenza voleva evitare; salutò profondamente e accennò a seguitare solo il suo cammino, ma la persona che aveva salutato si avanzò stendendogli la mano.

Era miss Ellen Shamurey, la signorina inglese veduta da Stella dalla sua finestra; un vero tipo di fanciulla inglese, altissima, slanciata e bionda, i grandi occhi d’un azzurro purissimo e la carnagione bianca tinta d’un roseo sbiadito, che probabilmente non era il solito suo colore.

Dacché si trovava nella piccola villa vicina all’Agri miss Ellen non aveva avuto più pace. Camminava sempre, a piedi o a cavallo, per le belle campagne irrigate dal fiume, su per i monti, nel bosco, nelle vallate, sempre seguita da un piccolo groom tutto rosso e biondo come lei. Ellen non era mai stata in campagna, almeno nella vera campagna, come quella di Anglona, ed ora, innamoratasene, camminava sempre, massime nelle ore fresche della mattina e della sera, prendeva disegni con la matita, toglieva descrizioni dal vero, scrivendole sui luoghi, con tutti i colori, i toni e le sfumature, e diceva a suo fratello che avrebbe voluto vivere e morire in quei paesaggi.

Suo fratello, impiegato, come dicemmo, presso l’Ambasciatore inglese a Roma, si chiamava Eduardo: aristocratico, serio, molto più vecchio di miss Ellen, quasi bruno, e molto pallido perché malaticcio; perciò appunto aveva un permesso di tre mesi, che passava in campagna: non usciva mai, non rideva mai, sempre rigido, impassibile, da perfetto inglese, poco amato perché pochissimo conosciuto.

Miss Ellen al contrario, benché avesse la fisionomia tipica delle figlie della borghesia inglese, vispa e spiritosa come una parigina, elegantissima nel suo piccolo lusso, si faceva conoscere e stimare da tutti. Da due mesi, fattasi amica di Stella, frequentava anche un po’ troppo la Mambrilla, ove del resto veniva accolta con piacere. Spesso Stella, l’accompagnava nelle sue escursioni e allora ci si univa anche Maurizio, e Stella col suo occhio geloso d’innamorata, aveva osservato che miss Ellen, da un mese circa, conservava un assai strano contegno in faccia al giovine

– Mio Dio, – pensava Stella, – è così bello Maurizio!…

Poi si era rassicurata sapendo Ellen fidanzata con un giovine romano, ricco e nobile. Ma parlandogliene, era ricaduta ancora nei suoi dubbi gelosi, perché la fanciulla, le aveva confidato di non amar punto il suo fidanzato - fattole accettare per forza perché ricchissimo, ma che sperava di non sposarlo giammai, perché ella voleva vivere felice, e che si vive felice solo con l’amore… – Ah; – le aveva detto Stella, – allora voi, miss, vi trovate in una posizione imbarazzante! Dovevate rifiutare subito. Come farete? – Miss Ellen non rispose, ma una sera che si trovavano sole in un terrazzo di Mambrilla, fra la luce rosea, di un magnifico tramonto, scivolando di confidenza in confidenza, lasciò capire a Stella che essa amava pazzamente un giovine, che sperava di esserne riamata, e che le riuscirebbe facile sbarazzarsi del primo fidanzato perché quel giovine era molto più ricco e nobile di lui…

Stella - che per conto suo aveva per massima di non confidare mai i suoi segreti a nessuno - cercò delicatamente di scoprire se i suoi dubbi fossero fondati, ma miss Ellen non si volle spiegare di più.

– E se quel giovine non vi amasse, miss? – le chiese Stella con un leggero e indefinito sorriso.

Ellen arrossì e i suoi occhi lampeggiarono.

– Oh! – esclamò con un gesto tragico che impressionò Stella – allora, miss Stella, allora io saprei morire, perché è meglio morire che vivere infelice

Stella, scherzando, riferì quel colloquio a Maurizio, e lui ne provò una penosa impressione. Perché anch’egli aveva osservato le strane maniere di miss Ellen verso di lui, e lo stesso dubbio di Stella veniva spesso nella sua mente: che Ellen lo amasse!


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