Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
Stella d'Oriente
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Parte seconda

V

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V

Partita da Anglona Stella si chiedeva dove sarebbe andata, che avrebbe fatto. – A Napoli? No, no, no!… – E si domandava con spavento se non operava sotto un influsso di sonnambulismo, perché ciò che le avveniva pareva un’avventura da romanzo e da romanzo francese, perché infine era una cosa disgustosissima, anormale, la fuga che eseguiva, essa, fanciulla, beneducata, quasi figlia di famiglia. Che importava la sua infanzia romanzesca, selvaggia, trascorsa fra la libertà dei campi e del fiume, e la sua fuga da collegio? Quei tempi erano assai lontani, e l’educazione aristocratica ricevuta ne aveva cancellato persino la memoria.

Stella si ricordava solo di sua madre, degli strani avvertimenti ultimamente ricevuti da lei circa il suo voto, cosa che aveva partecipato anche a Maurizio, e un lungo fremito gelido invadeva l’anima sua nel pensare al tremendo dramma che sarebbe accaduto qualora fosse diventata moglie di Maurizio prima di compiere il ventun anno e di conoscere il segreto acchiuso nel meglione… - E cercò il medaglione nel suo seno, ma non lo trovò: impallidì mortalmente e frugò febbrilmente nella valigia, da per tutto… Inutilmente! Il medaglione era scomparso. Dove lo aveva perduto? Si ricordò che, udendo dei passi erasi allontanata rapidamente dal sito del giardino ove lo aveva aperto, e mormorò sorridendo amaramente: – Probabilmente lo avrò smarrito … Ah! almeno sapranno la causa della mia fuga. Sarà un terribile colpo per Maurizio, e anche per loro… ma non soffro orribilmente anch’io?…

Guardò le campagne, traversate due mesi prima con la felicità e l’illusione nel cuore, ove l’alba cominciava a projettare le prime tinte bianche del crepuscolo che rendono così melanconica l’anima di chi guarda, e a poco a poco a misura che quella bianchezza nebbiosa sfumava nella luce del giorno, una nube pareva posarsi, farsi distinta, sulla fronte di Stella, dove era riapparsa la ruga, tremula, nervosaAhimè, ahimè! Ella pensava sempre a Maurizio, ella sentiva di amarlo sempre!…

Si ritirò in un angolo e accoccolandovisi nascose il viso fra le mani. - Nonostante tutto il suo coraggio, e i suoi proponimenti, sentiva il cuore gonfio, oppresso dal peso di un immane dolore - sentiva che allorché avrebbe voluto sorridere alla vita, un sogghigno si sarebbe posato sul suo viso

Scoppiò in pianto: poi cadde in una cupa immobilità, che non era sonnoveglia come quando si ha la febbre, e si riscosse solo allorché fu aperto con fracasso lo sportello del suo scompartimento, e una voce stridula, altissima, si mise a gridare, dominando tutti gli altri rumori assordanti della stazione: – Napoli! Napoli!

Stella si ricordò che doveva scendere e scese, ma barcollante, per febbre e debolezza. Non aveva preso alcun nutrimento dopo la sua partenza da Mambrilla e passò automaticamente attraverso la folla, la valigia in mano e il velo nero del suo cappello da viaggio abbassato sul viso; precauzione inutile del resto, perché il suo viso erasi talmente cambiato in poche ore da renderla irriconoscibile.

Pareva una vecchia. Camminò qualche minuto, ma a un tratto, sentendosi debolissima e non avendo ancora deciso dove andare entrò in un caffè e prese qualche cosa.

Sul tavolino overa seduta trovò un giornale romano di vecchia data. Lo aprì e a un tratto i suoi occhi si animarono:

Eureka! – mormorò. In quarta pagina le era caduto sottocchio questo piccolo avviso: «Una ricca gentildonna cerca una signorina di compagnia, giovine, fanciulla di onorata famiglia, che sappia bene il francese e un po’ d’inglese. Per maggiori schiarimenti rivolgersi all’uffizio dell’Agenzia di collocamenti di Mario T*** via della Vite, N. 107, Roma».

Stella si mise a pensare profondamente. Come abbiamo già detto, ella possedeva molto denaro e gioielli, ma le ripugnava l’idea di viver sola, anche in una gran città ove non fosse conosciuta. - Ora nulla più onorevole che la parte di signorina di compagnia, presso un’alta casa, in una grande città come Roma.

Stella possedeva la fede di nascita; giovine, istruitissima sapeva benissimo il francese e l’inglese. La sua famiglia ormai più nessuno la ricordava… sarebbe stata dunque accettata, qualora il posto fosse ancora vacante. Ma se fosse occupato?… - Tentare non nuoce, e venuta l’idea, Stella, era decisa a farsi signorina di compagnia presso qualsiasi famiglia, purché ricca ed aristocratica. Ecco: pensava, il tempo è padre dell’oblio, disse un gran poeta: e perché a furia di tempo non dimenticherò anch’io? Son giovine, voglio lottare e vincere. Entrerò in una famiglia che m’ami, che amerò anche io. E poi? chissà, forse il mio cuore guarito palpiterà per altri che mi amerà, che mi farà feliceCoraggio e speranza! Non piangiamo più: - e tu, madre mia, aiutami, guardami dall’alto.

Poche ore dopo, Stella, pregando fervorosamente in una chiesa, si sentiva sollevata, con un raggio di speranza in cuore.

Che importava se questo palpitava ogni volta, che il ricordo di Maurizio veniva ad offuscar la mente della povera fanciulla? Stella aveva cercato il suo buon confessore, e confidatogli tutto, questi aveva approvato quant’essa aveva operato e intendeva operare, dicendole: – Voi avete fatto bene. Rimanendo presso di loro il demonio avrebbe seguitato a tentarvi, e avreste sofferto orribilmente, voi buona e religiosa, tanto più che l’odio sarebbesi aggiunto alle altre passioni. Pregate assai figlia mia. Iddio onnipotente strapperà dal vostro cuore questo terribile amore. Dal canto vostro aiutate l’opera del cielo come meglio potete, e sopratutto confessatevi spesso, cercate Dio; ve lo raccomando. Non pensate neanche un istante a morire. Dio manda queste tribolazioni per provar l’anima nostra, ma promette la ricompensa in questo mondo e nell’altro a chi resiste e vince: Egli, infinitamente buono, vi farà obliare; farà battere per altri il vostro cuore vi farà amar Maurizio solo con amor fraterno. - In quanto al vostro voto, certo potrà essere sciolto ma solo in caso di bisogno. - E ora andate con Dio, figlia mia, e sperate in lui.

Stella partì a fronte alta, speranzosa nell’avvenire, perché, o mia gentile lettrice, anche voi l’avrete osservato, non c’è balsamo più potente a confortare un’anima dilaniata, della parola di Dio.

Qualche giorno dopo Stella si presentò all’Agenzia di collocamento, ove le dissero che la gentildonna era la vecchia contessa di Farnoli.

Farnoli! Farnoli?… – mormorò Stelladove ho inteso questo nome?

Si ricordò: e prendendo più minute informazioni s’assicurò essere la contessa madre del fidanzato di miss Ellen. Pensò: – Poco importa io non dirò nulla che possa rivelare il mio vero essere, tanto più che Ellen, qualora tornasse a Roma, non verrebbe certo dalla contessa che non vuol neanche sentirne il nome.

Si erano presentate varie altre fanciulle, ma nessuna aveva contentato la contessa. Nell’Agenzia, Stella subì una specie di esame, raccontò la sua storia a suo modo, e fu presentata al palazzo di Farnoli.

La contessa - vedova di due mariti - madre di Ruggero, figlio del secondo marito, era molto vecchia; ma una vecchia, tutta gentile, aristocratica; gli occhi sempre malati, e il viso bianco che ricordava una bellezza morta ormai sotto le rughe della vecchiaia. Accolse Stella affabilmente, l’esaminò a lungo coi suoi occhiali d’oro, e dopo un’ora ella era completamente affascinata dalla bellezza mesta, dall’accento meridionale, dalla squisita istruzione della fanciulla. Le disse:

Piccina mia, sono vecchia, vedi, sono viziosa; compatisci le mie debolezze, contentami, e non te ne pentirai

Stella le baciò la mano mormorando commossa:

Signora contessa, io sono sola al mondo; lei è mia padrona, ma se vorrà io la amerò come figlia la madre...

La vecchia signora tremò nel suo ampio seggiolone: le parole di Stella le ricordavano suo figlio Ruggero, da lei tanto amato, e che le viveva lontano, ed ebbe un’immensa voglia di piangere.


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