Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
Stella d'Oriente
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Parte seconda

VI

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VI

– Io sono viziosa, compatisci le mie debolezze… –disse donna Morella di Farnoli a Stella, trattandola subito famigliarmente, e infatti Stella si accorse immediatamente che la contessa aveva ragione.

La casa Farnoli, un elegante palazzo in via di Ripetta, non era davvero una casa rumorosa, specialmente dopo che Ruggero se ne era andato, o piuttosto n’era stato licenziato da sua madre, dopo il piccolo dramma di famiglia, causato involontariamente da miss Ellen. C’erano pochi domestici, e la contessa contava troppe primavere perché nei suoi ricevimenti regnasse il brio, l’eleganza e la gioconda animazione di una volta. La visitavano le vecchie conoscenze, vecchi signori, vecchie signore, e parenti assai freddi dal punto di vista che donna Morella amava ancora troppo suo figlio per diseredarlo del suo patrimonio; ci venivano anche dei giovani ma fuggivano subito dopo aver baciato la mano alla vecchia signora che conservava ancora il galante costume del baciamano.

Il suo salotto da ricevimento era assai ricco, assai bello, tutto moderno dai tappeti agli specchi, dai mobili al caminetto: però osservandolo bene si scorgeva la mano disordinata dei servi e la trascuratezza della padrona. E l’osservavano bene tutti; e il vecchio duca di M*** che ricordava i fiori bellissimi e costosi con cui una volta la contessa adornava i suoi salotti, che ora brillavano per la loro assenza - che col fulgore degli occhi di donna Morella profumavano, diceva così lui, i sensi dei suoi visitatori - mormorava sempre fra i denti: – Oh, la vecchiaia… la vecchiaia!

Quasi che lui non avesse sempre la gala della sua camicia e il davanti dell’abito nero cosparsi di tabacco!…

Un giovedì però - donna Morella riceveva i giovedì - il duca smise di mormorare e guardò la contessa per vedere se mai fosse tornata giovine: perché il salotto aveva ripreso la sua antica fisionomia, fresca, civettuola, inappuntabilmente elegante e aristocratica.

Cambiato ogni oggetto di posto; scomparso tutto il passato di moda, i fiori, la luce, avevano ripreso il loro dominio nel salotto.

E donna Morella ancora era trasfigurata; i capelli d’argento pettinati all’ultima moda precisamente con l’acconciatura per signora attempata dell’Ultima Moda della contessa Olga: - gli occhiali lucentissimi, il cordoncino nero di seta con piccole nappe, il vestito di seta adattissimo per ricevimento: una cosa notevole perché per lo innanzi la contessa si faceva abbigliare in istranissime maniere.

Il duca non riusciva a capire; ma voi lo capite. Tutti quei cambiamenti erano opera di Stella.

I primi giorni Stella aveva visitato Roma, la città eterna, e nella sua ammirazione di artista, di cristiana, per quei monumenti sublimi, fra quelle memorie di tempi gloriosissimi, fra quei tempi della Mecca cristiana aveva persino dimenticato i suoi dolori. Poi, definitivamente entrata nel palazzo di Farnoli per cominciar il suo servizio, vi si era messa con rassegnazione, decisa a tutto.

Donna Morella, di carattere molto mobile, come tutti i vecchi, tanto più che anche lei aveva la sua buona parte di infelicità, a ore trattava Stella qual figlia con grande affetto, confidandole i suoi pensieri, i suoi dispiaceri, la storia del matrimonio di Ruggero, chiedendole pareri e dandogliene, a ore le faceva lungamente leggere libri inglesi e francesi (donna Morella odiava la letteratura italiana, parlava quasi sempre francese perché sua madre era francese, e forse per ciò aveva voluto che la sua signorina sapesse bene quella lingua) libri spesso noiosi, specialmente gli inglesi, in una terribile maniera; a ore si mostrava del più buon umore possibile; a ore si rinchiudeva nel suo appartamento senza voler vedere nessuno, mostrandosi nervosa al punto di dare del Lei a Stella!

Ma Stella compativa tutto, taceva, lavorava, faceva riordinare e rinnovare tutto; la faceva infine da padrona di casa, da cameriera e da maggiordoma, perché, cominciando a conoscere i gusti della vecchia signora, ordinava persino il menu e suggeriva come vestire la contessa nel modo più adatto alla sua età, se pure non giungeva ad abbigliarla essa stessa.

Si sentiva abbastanza ricompensata quando donna Morella, mostrandosi contenta di lei, la chiamava figlia mia, e la ringraziava delle cure che pigliavasi di lei e della sua casa.

Non invitando quasi mai nessuno a pranzo, donna Morella voleva che Stella pranzasse sempre in sua compagnia: le aveva dato una bella cameriera, un intero appartamento, e un giorno, in un momento di espansione, era giunta a dirle che, giacché Ruggero voleva ammogliarsi democraticamente avrebbe preferito lei su tutte le altre.

Stella ringraziò sorridendo la contessa: in realtà era fortunata.

Fortunata, così per dire, perché non ostante l’adempimento completo dei suoi progetti, ella si sentiva triste, infinitamente triste, e l’oblio che sperava dal tempo e dalla lontananza, non arrivava più. Maurizio regnava sempre nel suo pensiero e nel suo cuore: tutti i suoi ricordi si fissavano su di lui, e quando si trovava sola cadeva in una cupa disperazione perché sentiva di amarlo sempre, come se gli fosse vicina e ignorasse ancora l’abisso che la divideva da lui… suo fratello!

Quel pensiero era una tremenda tortura per lei, e per discacciarlo cercava sempre la compagnia di donna Morella, e, passeggiando insieme, cercava per le vie di Roma un viso la cui memoria mandasse via dal suo cuore quella del viso di MaurizioInutile dirlo: Stella non lo trovava mai, benché tutti ammirassero il suo.

Erano così passati quindici giorni. Nessuna notizia dei d’Oriente arrivava a Stella; ma mentr’essa provava una specie di consolazione nel sapersi non scoperta, sentiva instintivamente un ardente desiderio di saper ciò che accadeva da loro. Qual triste dramma conturbava l’anima sua!…

… Un giovedì dunque il vecchio duca di M*** guardò con stupore la contessa, domandandosi se non fosse ringiovanita, e stava per chiederglielo, quando, avvicinandosi al gruppo di vecchie signore che la circondavano, la sentì parlare così:

– Sì, è bella, ma sopratutto buona! È napoletana: si chiama Stella Franchetti. Suo padre, ricco negoziante, le fece dare una brillante educazione, ma ora ultimamente è mortorovinato, completamente rovinato dal giuoco e da speculazioni mal andate. Si è suicidato, lasciando Stella nel lastrico dopo averla allevata da gran signora.

– È una storia terribileesclamò una signora. – E lui lo sapeva?

Sicuro che lo sapeva; e tutto ciò che fece per sua figlia fu di raccomandarla ad un amico, nella sua ultima lettera.

– Oh, è così difficile la protezione per una fanciulla povera!

– Sì; e Stella, benché il suo protettore, non glielo dimostrasse, lo sapeva. È troppo fiera per rimanere a carico di altri! Sicché appena lesse l’avviso che feci dare in un giornale, in cerca di una damigella di compagnia, volle partire ad ogni modo.

– Mi contentò subito; perché è istruitissima, bella di anima come di corpo, una vera fenice, ve lo assicuro. Ha il tratto di una principessa!… Dacché è arrivata lei noi pare di rivivere, che abbia una famiglia, che senta più insensibilmente la mia sfortuna

Il duca, fermatosi dietro la poltrona di donna Morella, sorrise finamente sotto i baffi bianchi ombreggiati dall’eterno velo di tabacco. Finalmente capiva il cambiamento dell’addobbo del salotto e della toeletta della contessa.

– È giovine? – chiese una signora.

Giovanissima; può avere venti anni.

Peccato che manchi Ruggero! – disse una voce in tono di scherzo.

A quel nome la contessa aggrottò terribilmente le sopracciglia rivolgendosi vivacemente, e chissà che avrebbe risposto, se non si fosse accorta essere stato il suo vecchio amico il duca ad esclamare quello scherzo famigliare.

In quel punto donna Morella, entusiasmata di Stella, avrebbe svelato il suo pensiero circa il suo preferimento della sua lettrice su tutte le altre borghesi, se non si fosse ricordata che le signore che la circondavano, tutte chi più chi meno titolate, erano state testimonie delle sue sfuriate contro miss Ellen e Ruggero. Sicché si contentò di dire, chinando dolorosamente la testa:

– Oh, non parlatemi di lui!…

Parliamone anzi! – esclamò un giovinotto che s’era avvicinato al gruppo, accorgendosi della conversazione animata che vi regnava. – È già da molto che non vedo RuggeroDove mai è andato? se è permessa la domanda

– Lo chiede a me? – rispose la contessa alzando il capo. – Io non so nulla! – In realtà ella sapeva benissimo!

Il giovine si morse a sangue le labbra accortosi di aver fatto una domanda indiscretissima; e per dissipare un po’ la cattiva impressione da lui destata, esclamò:

Signora contessa, ieri l’ho vista con una signorina stupendamente bella. Le ho salutate, ma non so chi sia. Non è Romana, perché è la prima volta che la vedo: eppoi, è una bellezza esotica, bionda, così bionda!…

– È Stella Franchetti! – esclamò la contessa riprendendo il sorriso.

Il duca esclamò:

– Ma presentatemela dunque!

E tutti ripeterono: – Presentatecela!

Donna Morella ci pensava: anzi aveva avvertito Stella che forse l’avrebbe chiamata nel suo salotto per presentarla alle sue amiche. Non era di rigorosa etichetta quella invasione democratica nel salotto della contessa di Farnoli, ma donna Morella, aveva troppo stuzzicato la curiosità dei suoi pochi visitatori per censurarla, eppoiera così bella Stella!… La contessa ordinò a un domestico di avvertire la signorina Franchetti che i suoi amici desideravano conoscerla.

Stella non tardò: quando apparve sulla soglia, gli astanti riunitisi tutti presso la contessa, rivolsero vivamente lo sguardo verso di lei….


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