Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
Stella d'Oriente
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Parte seconda

XVIII

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XVIII

… Allora Maurizio cedé il suo posto d’infermiere a Ninnia, dopo averle raccontato la sua sventura, e ritirandosi nelle sue camere si abbandonò come un pazzo alla sua disperazione. Ecco che era avvenuto ciò che lui temeva! Stella, scordatasi di lui amava altri, si prometteva ad altri… ma che avrebbe potuto fare di diverso quella povera fanciulla? Oh, don Francesco, don Francesco!...

Ma no, no, la voleva lui Stella, lui che l’aveva amata pel primo, e ottenuto i di lei primi giuramenti, lui che sarebbe morto nel vederla d’altri, lui che soffriva l’inferno lontano da lei, lui che, ad onta di tutto il suo scetticismo e ateismo alla moda, vedendo che dagli uomini non poteva sperare più nulla, erasi inginocchiato davanti a Dio pregandolo immensamente, fervidamente perché gli facesse ritrovare Stella che lo amasse ancora, che nel sapere non esserci più alcun ostacolo al loro amore, si rallegrasse con lui… E Maurizio innalzava gli occhi al cielo per chieder conto delle sue preghiere, delle sue lagrime, ma il cielo era nero, coperto di nubi danzanti al gelido vento di marzo… poi li chiudeva e altri pensieri succedevano nell’animo suo agitato e fosco come il cieloPensava Stella fidanzata ad un uomo a cui egli aveva in certa maniera tolto la prima fidanzata, e si chiedeva se non subiva la pena del taglione. Ma che colpa in lui, che colpa?… Ahi, gentiluomo davanti al mondo, se aveva, senza volerlo, rapito la prima fidanzata a Ruggero, ora, volendo, non poteva rapirgli la seconda senza commettere una grande infamia! E poi?... Chissà se Stella lo amava ancora! - Oh, lui la conosceva incapace di dire «ti amo» ad una persona che non amasse davvero! Dunque amava Farnoli se gli si era fidanzata. E Maurizio riconoscendo per bello e affascinante Ruggero, conchiudeva ogni tanto: – Chissà quante cose le avrà detto per farsi amare! Forse a quest’ora Stella, ad instigazione di lui, mi odia!… – Impossibile riferire il tumulto della sua mente, i pensieri angosciosi, ondeggianti, che gli martellavano il cervello, gli dilaniavano il cuore, specialmente quello del giorno in cui Stella, sposa di Ruggero, ritornati appena dal tempio gli gettasse le braccia al collo e baciandolo con uno di quei suoi baci ardenti, il cui ricordo metteva un brivido di fuoco nelle vene di Maurizio, gli dicesse ancora, sempre:

– T’amo! T’amo! T’amo!…

Allora Maurizio si levava come un indemoniato, il viso convulso, gli occhi fiammeggianti. Chi?… Stella baciare un altro uomo. Stella che lui amava freneticamente, che causava tanta tempesta all’anima sua? Prima l’avrebbe uccisa, avrebbe commesso cento… mille delitti! Oh, chi lo ratteneva dallo slanciarsi nella stanza di Ruggero e soffocarlo, e squarciargli nuovamente la ferita?…

– Ma con qual dritto? – Quella domanda fattagli, piuttosto che dalla sua coscienza, da una voce simile a quella di Ninnia, così gli sembrava, lo calmava come per incanto, ma d’una calma ben triste che nascondeva qualcosa di terribile: la calma della palude.

Dopo una lotta tremenda, disperata, fra l’amore e il dovere, la calma che rivestiva Maurizio nascondeva una risoluzione ultima, triste, decisa: il suicidio! Il giovine diceva fra sé:

– Eccomi a te, miss Ellen, che forse sei morta maledicendomi! Ho disprezzato il tuo amorecompio da me la tua vendetta! Eccomi! – Si rialzò dal suo dolore, troncando l’ultimo gemito, stendendo una maschera di marmo sul suo viso, deciso di vivere finché Ruggero fosse fuori di ogni pericolo, di suicidarsi dopo, lasciando scritte le cause che lo spingevano al triste passo!… E Ninnia? L’immagine di lei dava un ultimo tentennio alle sue deliberazioni, ma l’altra immagine, quella di Stella che vestita da sposa baciava Ruggero, scacciava ogni sfumatura d’irresolutezza, e il giovine finiva di scordarsi anche di Ninnia nel pensare a quella fatale e tormentosa larva del suo pensiero. Intanto pregò donna Anna e il marchese di non visitare il ferito per qualche giorno, con ragioni più o meno plausibili, mentre al medico narrò una piccola fiaba affinché non rivelasse a Ruggero che si trovava nel palazzo dei d’Oriente.

– Ecco, – gli disse: – questo giovine è fratello di un signore con cui, nel mio soggiorno a Roma, ebbi un duello per causegalanti! Fu però lui a sfidarmi, all’ultimo sangue, e per disgrazia lo ferii così male e orribilmente che dopo una lunga malattia rimase quasi deforme in viso e privo di un occhio… Si figuri la mia sorpresa nel sapere il ferito - col quale non ci conoscevamo punto - fratello di colui, e si figuri poi la sensazione che proverebbe lui nell’intendere che mi chiamo Maurizio d’Oriente! Per fortuna fui il primo a conoscere il suo nome, e per evitare qualsiasi cosa, gli dissi che mi chiamo Antonio Filandieri… Ai miei genitori poi dissi di non parlare al ferito sinché non fosse ben ristabilito, avendo lei ordinato così. Entreremo da lui solo io, lei, e la nostra guardarobiera, anch’essa avvertita da me. Non voglio che gli altri domestici sappiano la mia avventura. È una cosa spiacevole, non è vero? – Il medico sorrise, promise segretezza e colse l’occasione per dare una carica comme il faut al duello. Sicché per un’altra settimana Ruggero restò tranquillo, rimettendosi gradatamente. Ricevé la risposta di donna Morella con un vaglia; ritornò a scrivere, ma questa volta la risposta si faceva aspettare. Per non dargli alcun sospetto Maurizio, dietro sua preghiera, vista di avvisare il vero amico che Ruggero aveva a Napoli, ma in realtà non lo avvisò punto, e gli rispose ch’era assente dalla città… Ma un bel giorno di marzo Ruggero lasciò il letto, passeggiò qualche ora per la camera e l’indomani, sorretto amorevolmente da Maurizio, salì sui terrazzi del palazzo.

E appoggiato allo stesso sito ove stava appoggiata Stella la notte in cui Maurizio le rivelò il suo amore, ammirò il magnifico panorama che gli si stendeva innanzi, sorrise al cielo, al sole, parlò di poesie e d’amore e stringendo le mani di Maurizio gli confidò tutto, i suoi amori e i suoi odii… Poi gli si dichiarò amico, sinceramente amico, fratello: che lo amava come non aveva amato nessun amico; che sentivasi pronto a far qualunque sacrifizio per ricompensargli le cure prestategli… e tante altre cose, dette con la voce languida e il sorriso beato del convalescente il quale sopravvissuto a una pericolosa malattia vede nella vita tutto azzurro e rosa, tante cose che misero l’anima di Maurizio in una strana agitazione, sconvolgendola con un palpito di suprema speranza… Perché nel sentire Ruggero parlare a quel modo si sentiva tentato di svelargli tutto e chiedergli Stella, la sua Stella! Ma anche ciò sfumò dolorosamente quando il conte, scivolando di confidenza in confidenza, gli narrò l’avventura di Stella, di miss Ellen, il suo immenso odio per Maurizio d’Oriente, la sua idea di vendetta, e la passione che nutriva per Stella da cui si credeva corrisposto… E quando, al ricordo della fanciulla che gli faceva obliare tutto il resto, gli parlò del loro prossimo matrimonio, e gli annunziò la loro venuta a Napoli, in quella stessa casa, in quello stesso terrazzo, ove Stella sarebbe stata lieta di conoscere e ringraziare il salvatore del suo sposo… allora Maurizio provò un dolore così terribile, una punta così acuta al cuore che ancora una volta si sentì invaso dal demone del delitto che gli susurrava di abbracciar Ruggero e precipitarsi insieme a lui dal terrazzo

Ma passò, anzi riuscì a riprendere il sorriso falso che da una settimana, gli sfiorava continuamente il viso, nascondendo i pensieri di morte che gli flagellavano il cuore, e pensò: – Se cercassi di svellere l’ingiusto odio che Ruggero mi porta? Se tentassi l’ultimo passo?… – Si mostrare la lettera di Ellen, rimasta in una saccoccia interna degli abiti di Ruggero, che la conservava con sé come reliquia, la lesse attentamente, impassibile, poi esclamò: – Mio caro Ruggero, credo che v’ingannate nell’odiare il marchesino d’Oriente!… – Ruggero trasalì: Maurizio gli rilegger la lettera, lentamente parola per parola, nel suo vero significato, e mentre il conte non ritrovava più nella lettera tutte le rivelazioni che prima aveva creduto di apprendervi, egli faceva l’elogio di sé stesso, raccontando, ma come se la immaginasse, la vera storia del suicidio di Ellen. Un’intera rivoluzione succedé allora nell’anima di Ruggero: vide come realmente stavano le cose, si pentì del suo odio fantastico e infondato, e ringraziando vivamente Maurizio di avergli aperto gli occhi, giunse a dirgli che se venisse a conoscere Maurizio non gli farebbe più la sua tremenda rivelazione per vendicarsi, ma per confortarlo, per amarlo come fratello!

Maurizio ebbe un altro lampo di speranza. – E – disse – se non fosse suo fratello, se vi rapisse, questa volta davvero, la vostra fidanzata?… – Ruggero impallidì leggermente, chinò la testa, poi rispose con voce tremante: – Oh, che brutta commozione hanno destato in me le vostre parole, Antonio… Ma no… no!… Ciò non è possibile, non sarà! Che ho fatto infine per essere sempre così infelice?…

Questa volta fu Maurizio che chinò tristemente il capo pensando:

– Su, è decisa! Sarei vigliacco?…

No, non era vigliacco! In quella stessa notte, Maurizio rinchiuso nel suo studio, dopo scritta una lunga lettera, caricò la sua rivoltella, baciò a lungo il ritratto di Stella, mentre due lagrime, le ultime gli velavano gli occhi, tanto assorto nei suoi foschi pensieri di morte che non udì neanche delle voci di sorpresa risuonanti negli appartamenti vicini; ma quando, puntata la rivoltella alle tempia, stava per calcare il grilletto, una voce mormorò dietro la porta: – Maurizio apriteaprite presto!

Era Ninnia, e Maurizio non ebbe il coraggio di uccidersi quasi davanti a lei. Nascose la rivoltella, rasserenò il viso, e andò ad aprire.

Vide Ninnia pallidissima e commossa, credé che lei indovinasse la terribile azione che stava per compiere, tuttavia le chiese con premura:

– Che avete?… Che volete?…

– Oh, Maurizio, Maurizio mio, se sapessi chi è giunta!…

Stella?… – urlò il giovine con un fremito.

– Ah, mio Dio! mio Dio!… Sì lei!… – Maurizio cadde sul tappeto come morto; Ninnia si chinò mormorando:

Via, via, fa coraggio! Senti, sono stata io a scriverle, informandola di tutto, di tutto capisci… e lei è venuta subito. È segno che ti ama sempre. Via, Dio è così buono… e tu pure sei così buono! Ho fatto male?

– Non lo so! – mormorò lui fuori di sé. – Dove è oraStella? Vorrei vederla un’ultima volta

– È da don Ruggero

Maurizio si alzò: entrava donna Anna chiedendo spiegazioni. Allora Ninnia uscì, e mentre Maurizio spiegava tutto alla marchesa, Stella e Ruggero, rinchiusi in un salotto, parlarono a lungo, sommessamente, entrambi pallidi e commossi… Che dissero Maurizio non lo seppe mai, ma dopo un’ora di angoscia, di febbre, in quella notte che credeva fosse l’ultima per lui, vide entrare nel suo studio i due fidanzatiRuggero, livido in viso si avanzò verso di lui vacillando, e stendendogli la mano esclamò:

Maurizio d’Oriente, perdonatemi se involontariamente vi offesiSentite, ora io vi amo come un fratelloRicordatevi qualche volta di me! Mi avete salvato la vita; vi restituisco Stella, sempre degna di voi! – Maurizio alzò nobilmente la testa, e stringendo la mano del generoso lo condusse vicino al tavolino; gli mostrò la rivoltella carica, la lettera di addio e gli disse:

Grazie! Vedete, il mio destino è deciso! Stella è vostra!

– No! Tanto Stella non mi ama, non mi amò giammai! Amò sempre ed ama voi solo!… – E prima che Maurizio avesse potuto replicare Ruggero lo baciò in viso e uscì barcollando, forse per nascondere il suo pianto… Allora Stella, rimasta in un canto con donna Anna, si avvicinò sorridendo, lo baciò anche lei ed esclamò:

– Sì! Ho amato ed amo te solo, te solo!

Ruggero tornò da sua madre che lo confortò come meglio poté e seppe; e un giorno la vecchia signora passò a miglior vita pregando suo figlio di non lasciar morire con lui il nome di Farnoli, ma per quanto Ruggero fosse ridiventato a lei obbediente e affettuoso, trovatosi solo, invece di ammogliarsi si mise a… viaggiare! -Attualmente è in Sardegna: Visita tutti i villaggi, i monti, le vallate, le pianure, i castelli; fu lui a raccontarmi questa storia, di cui io non cambiai che i nomi, e concluse dicendomi che ora Stella è felicissima, sposa di Maurizio. Gli chiesi: – E lei? – Oh, io!… – mi rispose con uno strano sorriso: – Il mio cuore dorme. Forse si sveglierà... quando avrò l’età in cui, negli altri, il cuore si addormenta per sempre!…

 


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