Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
La via del male
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Le due settimane passarono.

Francesco Rosana frequentava la casa di Maria, andava spesso in giro con zio Nicola, passava qualche volta nella via. Era veramente innamorato, tutti se ne accorgevano ed egli non lo nascondeva.

Ma, trascorsi i quindici giorni, Maria ne chiese altri sette per decidersi.

«Ancora!», disse Francesco, quasi offeso. «Ma questo è un martirio

Credeva però che Maria lo tormentasse così per provare il suo amore: e attese, sempre più impaziente. Già i regali fioccavano, da casa Rosana a casa Noina; quasi ogni giorno le vicine e il bettoliere curioso vedevano arrivare una donna di servizio, che teneva sul capo un canestro ben coperto da un tovagliolo bianco.

«Sarà un canestro di frutta», diceva il bettoliere, scacciando le mosche dalla sua botteguccia.

«No, saranno dei biscotti con la cappa14», rispondeva una vicina dalla porta di contro.

«Scommettiamo

«Peccato non sia in paese Pietro Benu; lui avrebbe saputo dirci qualche cosa. Perché poi, dopo tutto, non si sa nulla: non si sa se si sposano o no.»

«Maria ha domandato un mese di tempo per decidersi», diceva il bettoliere, che pareva molto bene informato. «Non si capisce perché quella donna non si decida. Voglio domandarglielo

Un giorno infatti entrò dai Noina per comprare una misura di grano e chiese a Maria:

«Zia, quando vi sposate?».

«Dio solo lo sa

«Come Dio? Voi lo dovete sapere. Francesco Rosana si consuma, aspettando la vostra risposta

«Come sapete ciò?», chiese l'altra, meravigliata.

«Me lo ha detto un uccello! Anche gli uccelli lo sanno! Chi non conosce il segreto?... Misurate bene il grano, zia

Ella pensò a Pietro, che in quei giorni si trovava nella vigna. Sapeva anche lui? Un lieve involontario spavento l'assalì.

«No, no», disse, versando il grano polveroso nella sacca del bettoliere. «Io non mi sposo, non mi sposerò mai. La gente chiacchiera, ma io non so nulla.»

«Chi volete dunque per marito, se Francesco Rosana non vi piace? Così ricco, così simpatico, così gentile? Sembra un cavaliere vestito in costume. Degno di voi, zia! Una coppia così bella! Decidetevi, decidetevi...»

Anche gli altri vicini, specialmente le donnicciuole, lodavano continuamente Francesco, e consigliavano Maria d'accettarlo per sposo.

Intanto Pietro aveva compiuto il suo anno di servizio e rinnovato il contratto per un altro anno.

Maria, veramente, aveva cercato di convincere il padre a non rinnovare il contratto, ma zio Nicola l'aveva guardata da capo a piedi con disprezzo e meraviglia.

«Come sono sciocche le donne! Sciocche tutte! Perché vuoi licenziare quel servo? Dove ne troverai uno migliore? Se Pietro Benu è la perla dei servi? Ecco, tu sei come colui che cercava del pane migliore del pane di frumento...»

Pietro lavorava nella vigna e sognava. Qualche voce vaga, sul possibile fidanzamento di Maria, era giunta fino a lui, ma già altre volte egli aveva sentito chiacchiere e notizie false, a proposito del matrimonio di Francesco con la sua giovine padrona, e non credeva più a nulla. Egli era cieco e sordo; viveva tutto della sua passione, lontano dalla realtà, come relegato in un'isola di sogni.

Il tempo era dolce, sereno; la vigna maturava all'ombra della montagna cinerea sulle cui falde i lentischi abbruciati da qualche incendio sembravano melanconiche macchie di ruggine.

Pietro guardava sempre in su, verso lo stradale, con la speranza di veder giungere Maria; Maria invece pensava a lui quasi con odio. Perché si era fatto amare, quel servo? Perché si era messo sulla sua via, come una pietra che bisognava saltare con pericolo?

Spesso, bisogna dirlo, bastava il ricordo degli occhi e dei baci del povero servo perché Maria rivolgesse il suo rancore contro Francesco; quel ricordo destava in lei un tumulto di passione e di rimorso, la incatenava al passato, la faceva piangere di angoscia e di desiderio. Ma poi una vicina veniva per comprare orzo o frumento o mandorle, guardava sorridendo servilmente la giovine proprietaria e le diceva:

«L'hai visto passare?... Fa pena davvero! È diventato magro... Eh, via, sei più dura di queste mandorle: hai il cuore nero, tu! E dire che egli è così ricco, così grazioso! Il più bel giovine di Nuoro; il più ben vestito! Bada di non pentirti Maria!».

Ed ella ricadeva nei suoi sogni ambiziosi.

Vennero i giorni della vendemmia. Pietro ritornò in paese, e a mala pena ottenne da Maria un breve colloquio notturno.

«Sono malata», ella gli disse. «Ho la febbre: senti come brucio. Ho paura di morire

Scottava davvero, era pallida e tremava. Pietro la fermò un momento, poi la pregò di ritirarsi, di mettersi a letto e di curarsi.

Ella s'avviò barcollando: quando fu vicina alla porta si volse e disse:

«Pietro, bisogna esser prudenti. In questi giorni ho rifiutato un grosso partito, e mio padre e mia madre sospettano che io abbia qualche passione in cuore. Sarai prudente? Farai tutto quello che vorrò io?»

«Tutto, tutto, cuore mio! Dimmi di buttarmi sul fuoco, dimmi di tagliarmi le mani...»

«Non tanto! Basta che non cerchi di vedermi e di parlarmi spesso...»

«Come tu vorrai», egli esclamò, esaltato.

Avrebbe voluto chiederle chi era il «grosso partito» rifiutato, ma pensò a Francesco Rosana, e non osò trattenerla più a lungo. Poveretta, aveva la febbre.

La seguì con gli occhi, mentre ella attraversava il cortile illuminato dalla luna, e gli parve che ella piangesse.

 

Per segreta suggestione di Maria, zia Luisa fece partir Pietro subito dopo la vendemmia.

Come l'anno passato, egli si recava sull'altipiano, per la seminagione: il suo carro era carico di sementi e di provviste; il vomero intatto brillava sulla punta dell'aratro.

Era una sera di luna, una sera di ottobre, dolce e tiepida. Pietro era ripartito senza aver riabbracciato Maria, e spasimava d'amore e di tristezza. Ella non era più la stessa, no; ella era mutata, sofferente, infelice. Tutto per lui, sì, tutto per lui. Perché egli se n'era ben accorto: zia Luisa e zio Nicola la trattavano con freddezza sdegnosa perché ella non voleva accettare la domanda di matrimonio di Francesco Rosana.

«Per paura dei suoi genitori ella non mi ha più permesso di vederla durante la notte», pensava Pietro. «Ed ora passerà tanto tempo...»

No, egli non poteva proseguire la strada. Si fermò in un podere, raccomandò ad un contadino il suo carro ed i buoi, legò il cane perché non lo seguisse, e rifece la via...

Camminava come un sonnambulo, spinto da una forza misteriosa. Il cuore gli batteva d'angoscia e di amore. S'aggirò cautamente intorno alla casa dei padroni, vide zio Nicola nella bettola, batté al portone. Maria venne ad aprire.

«Pietro!», ella disse con spavento. «Perché sei tornato

«Non ho potuto... non ho potuto proseguire...», egli rispose anelante e fremente. «Perdonami: non ho potuto. Son tornato per vederti... Dimmi che cosa succede, Maria, dimmelo subito .. Dimmi che hai, e perché non possiamo vederci più come prima...»

Supplicava e basiva e pareva dovesse cader fulminato ai piedi di lei.

Ella lo guardava, tremante di paura e di pietà. Ah, sì, il povero servo la amava, la amava più che non l'amasse il ricco proprietario; ma che poteva ella fare? Per un attimo ebbe l'idea generosa di rivelare a Pietro tutta la verità; ma il coraggio le mancò. Mentì ancora, mentì sempre.

«Ma non lo sai, dunque», disse con voce dolce, «non lo sai che i miei genitori vigilano? Non te lo dissi già? Ho rifiutato più d'una proposta di matrimonio... e loro dubitano che io sia innamorata... Innamorata di te... Vattene, Pietro, sii prudente; non farmi soffrire...»

«Mai; vorrei piuttosto morire che farti soffrire...», egli disse fervidamente. «Ma ho bisogno di vederti, qualche volta, Maria; ho bisogno di te come del pane e dell'acqua. Ritornerò, qualche volta. Qualche volta, Maria

«No, no, in segreto mai! Sii buono, Pietro, non farmi soffrire. Ed ora vattene, vattene...»

Ella lo spingeva, davvero paurosa che venissero sorpresi; ma egli non poteva allontanarsi, non poteva muoversi. Avrebbe voluto morire, sentiva una grande sventura pesargli sul capo.

«Lascia almeno, Maria! È tanto tempo...»

Con impeto folle la strinse a sé; la baciò sulle labbra con l'avidità di un affamato. Ella non poté resistere; lo baciò e pianse disperatamente.

 

Da circa due settimane Pietro aveva ripreso possesso del melanconico altipiano, e lavorava alacremente.

Una sera, ai primi di novembre, passò di un giovine contadino nuorese che gli portò un cestino di provviste.

Pietro lo invitò ad entrare nella capanna ed a riposarsi accanto al fuoco; anche Malafede s'aggirava intorno al viandante, fiutandogli le vesti e leccandogli le mani. Ma il giovine aveva fretta. Curvo sull'apertura della capanna, porgeva il cestino e salutava.

«Dammi almeno qualche notizia dei miei padroni», disse Pietro.

«Maria s'è finalmente decisa a fidanzarsi con Francesco Rosana. Il toscano dice ch'è stato lui a convincerla», rispose l'altro, ridendo.

«Cosa mi racconti?», gridò Pietro, slanciandosi violentemente contro il viandante.

«Oh, come, non lo sapevi?...», disse una voce.

Oh, che era? Una voce umana, o la voce del vento, o il latrare del cane? Pietro non seppe: sentì un urlo, poi un rumore stridente, come d'una sega che gli aprisse il cranio, che gli penetrasse fino alla gola, al petto, alle viscere... Le sue labbra si schiusero, fredde e pesanti come labbra di marmo; i suoi occhi videro l'ombra d'un mostro che gli si avventava addosso per strozzarlo.

Fu un attimo. Il viandante non finiva di pronunziare la frase «come, non lo sapevi?» che già la vertigine era cessata.

«No, non è possibile», egli mormorò come fra sé; «tu t'inganni. Maria ha rifiutato Francesco. Lo disse a me.»

L'altro aveva fretta d'andarsene; nella penombra non aveva veduto il viso sconvolto di Pietro, e quindi rispose tranquillamente:

«Non so. Certo è che tutte le sere Francesco Rosana va a visitare Maria, e quasi ogni giorno manda regali. Tutti dicono che gli è stata concessa l'entrata15 in casa Noina. E del resto, cosa c'importa? Addio. Mettiti a bagno»16.

Il viandante s'allontanò, ma Pietro fischiò per richiamarlo.

«Senti, tu! Mi dimenticavo. Io volevo stasera ritornare a Nuoro per un mio affare; se zia Luisa t'interrogherà, le dirai che io ero già partito, quando tu sei passato. Hai capito? Così dirò che ritorno per rifornirmi di viveri

«Va bene, buona notte

Pietro s'avviò, più cieco e triste della notte. Perché andava? Dove andava? Che avrebbe fatto? Egli non lo sapeva, ma andava. Andava come l'ariete che spinto dal prurito della sua testa rosa da un verme va a sbatterla contro una pietra, un tronco, un ostacolo qualunque.

Bisognava camminare, vedere, cercare un sollievo peggiore del male.

Per un buon tratto di strada camminò così, spinto da un impulso cieco: le tempie gli battevano forte, gli pareva di sentire un galoppo di cavalli su una strada rocciosa; vedeva grandi macchie violette volteggiare nell'aria fredda della notte.

Ma a poco a poco si riebbe. Guardò il cielo, per indovinare l'ora dal corso delle stelle, vide Giove, verde e brillante, poco alto sull'orizzonte cristallino, e pensò:

«Saranno le sette: fra un'ora e mezzo sarò . Oggi è sabato. Se la notizia è vera trovo Francesco Rosana ancora ... Se lo trovo mi metto su di lui e lo strozzo... No, Maria non lo ama, non lo vuole! Ella non può tradirmi, così, come Giuda tradì Cristo. Dev'essere stata la famiglia a imporle il fidanzamento. Ed ella, timida e paurosa, ha ceduto... Come ella deve soffrire! Chi sa, forse è stata lei a farmi avere la notizia, ed ora mi aspetta...

Più andava, più il dubbio del tradimento si dileguava dalla sua anima smarrita: in fila serrata i ricordi gli ripassavano nella mente; ogni sguardo, ogni promessa, ogni parola di Maria gli ritornava nella memoria, destandogli un sentimento di profonda tenerezza.

In meno di due ore attraversò e risalì la valle; correva, ansava, smaniava; gli pareva di andare verso un luogo pericoloso, per salvare Maria da un incendio, per strapparla ad un destino abbominevole. Stendeva le braccia in avanti, e stringeva i pugni quasi per misurare la sua forza ed esercitarsi per la prossima lotta contro un nemico ignoto. Tutti gli istinti dell'uomo primitivo risorgevano in lui.

«Lo ucciderò... lo strozzerò, lo getterò a terra e come un albero schiantato dall'uragano. Lo ucciderò, lo ucciderò!...»

Per lungo tratto di strada non fece che ripetere queste parole: gli sembrava di urlarle, le sentiva ripetute dal rumore dei suoi passi, dal palpito delle sue tempia, dalla pulsazione violenta del suo cuore e della sua gola.

E più s'avvicinava a Nuoro più sentiva di odiare Francesco, più Maria gli appariva come una vittima...

Giunto davanti alla chiesetta della Solitudine si fermò di botto, ripreso bruscamente dal senso della realtà. , davanti a lui, Nuoro stendeva le sue casette nere e silenziose; qualche fanale rosso brillava nel buio; una campana annunziava il coprifuoco, l'ora del riposo, dei sogni e dei delitti...

«Dove, dove vado io?», si domandò Pietro.

Un soffio di vento veniva giù dall'Orthobene nero; gli batté alle spalle, gli gelò il sudore, lo avvolse tutto come in un lenzuolo funebre.

Sì, dove andava? Fra pochi istanti sarebbe arrivato, sarebbe rientrato nella casa dei padroni. Francesco Rosana forse era già partito; ma fosse pure ancora , che avrebbe fatto egli, il povero servo? Avrebbe salutato, niente altro che salutato...

«Ebbene», pensò, avviandosi, «io non rientrerò: spierò, e dopo aver visto uscire quell'immondezza cercherò di rientrare e di riveder Maria. Bisogna prima intenderci con lei; poi vedrò che cosa conviene fare».

Ma d'un tratto sentì un respiro ansante, un anelito quasi umano, e prima ancora ch'egli avesse avuto tempo di voltarsi, Malafede lo raggiunse e gli passò avanti.

«C'è il cane», egli disse a voce alta; «come si fa ora

Imprecò, fischiò, ma il cane, tutto fremente di gioia e di stanchezza, correva dritto verso il paese.

Allora Pietro pensò che doveva rientrare subito a casa: ma a misura che s'avvicinava il cuore gli tornava a battere forte, e i pensieri gli si confondevano nella mente.

«Se io lo trovo lo uccido, mi getto sopra di lui come un cane arrabbiato. Come si fa? È meglio che aspetti fuori; non voglio perdermi... no... perché Maria, ne son certo, mi ama ancora... Devo, devo frenarmi, devo vincermi... per amor suo.»

Davanti alla casa dei padroni si fermò. Malafede raschiava il portone e guaiva; egli lo afferrò per il collare e lo trascinò fino allo svolto del muro.

Il cane si scuoteva tutto e abbaiava; Pietro, curvo e ansante, lo accarezzava, lo supplicava:

«Sta zitto, diavolo; sii buono, sta zitto...».

Quanto tempo lui e il cane stettero dietro il muro, agitati da una lotta innocua ma ostinata? Egli non calcolò il tempo, ma gli parve lunghissimo.

D'improvviso un quadrato di luce rossastra tremolò sulla via, davanti al portone che si apriva: un uomo uscì, si fermò un momento, finì di dire qualche cosa, poi salutò:

«Buona notte, Maria».

«Addio, Francesco

Pietro si sentì morire: il cane gli sfuggì di mano; egli si rizzò, s'avvicinò, si fermò anche lui sul quadrato di luce, e vide come in un sogno la figura di Maria. Ella teneva la candela in mano; vedendo Pietro impallidì e lo guardò spaventata, ma il cane era già in cucina e zio Nicola s'affacciava alla porta gridando:

«C'è qui Malafede! Oh, che diavolo vuol dire? Ah, ci sei anche tu, bello mio?».

Pietro non l'ascoltava: guardava Maria, e Maria si allontanava dal portone.

Non una parola fu scambiata; ma egli intese che tutto per lui era finito. Entrò e chiuse il portone.

«Buona notte», disse poi, attraversando il cortile. «Ah, voi non m'aspettavate certo?»

Maria sentì che egli si rivolgeva a lei: ebbe paura; istintivamente spense la candela e si rifugiò in cucina, dietro le spalle di Zio Nicola.

Ma Pietro non le rivolse più neppure lo sguardo.

Egli entrò e sedette accanto al fuoco, nell'angolo dove aveva trascorso tante ore felici, sullo sgabello forse abbandonato dal suo rivale... Sentiva un desiderio feroce di urlare, di rompere e devastare tutto intorno a sé; avrebbe voluto prendere un tizzone ardente dal focolare, scuoterlo in giro, appiccare il fuoco a tutto, a tutti, perire in questo incendio d'odio e di disperazione. E non mosse una mano, non sollevò gli occhi. Il dolore lo paralizzava.

«Tu sembri un cadavere», disse zia Luisa, guardandolo con uno sguardo meno indifferente del solito. «Sei malato

«Sì, sono malato. Son tornato per ciò. Ho la febbre. Datemi del chinino e ripartirò subito.»

«Hai fatto bene. Ma giacché sei qui, riposati: ripartirai domani mattina. Sì, ti darò il chinino; ne ho comprato giusto una boccetta; anche Maria ha avuto la febbre

«Anche lei!», disse Pietro, come fra sé.

Sollevò gli occhi, si guardò attorno. Nulla era mutato intorno a lui: le figure erano sempre le stesse, zia Luisa filava, zio Nicola stringeva il bastone fra le gambe, Maria volgeva le spalle, riordinando alcuni bicchieri in un vassoio deposto sopra il forno.

Ma egli aveva l'impressione di trovarsi in un mondo nuovo, in un luogo triste e quasi lugubre: gli pareva di esser morto; sì, qualcuno lo aveva percosso con una pietra, sul cranio, e l'aveva ucciso; il Pietro che ora respirava in lui era un altro, e riviveva in un luogo di morte e di dolore.

«Sì, tu sembri un cadavere», ripeté zia Luisa. «Prendi subito un po' di chinino. Avrai fame, anche.»

«Vi dico che ho la febbre: non ho fame

«Febbre d'amore», disse zio Nicola, battendo sul pomo del bastone la tabacchiera di corno turata con un tappo di sughero intagliato.

«Vi dico che ho la febbre», ripeté Pietro, irritato.

«Eh, diavolo, mi pare che hai anche il delirio, bello mio! Non gridare così! Se hai la febbre, coricati», disse il padrone. «Ma almeno un bicchiere lo bevi, eh? Da' qui da bere, Maria. Voltati dunque; oh che vedi ancora la figura di Francesco Rosana dentro quel bicchiere

Maria si scostò, ma non si volse: allora Pietro vide i bicchieri in uno dei quali doveva appunto aver bevuto Francesco. E respinse con ribrezzo quello che Maria venne lentamente a porgergli.

Ah, il cuore gli si infrangeva: avrebbe dato tutto il resto della sua vita per trovarsi solo con Maria e domandarle la spiegazione di quello che a lui pareva un abominevole mistero.

Ma ella porse il bicchiere a zio Nicola, poi si allontanò ancora, fece lentamente il giro della cucina, uscì e non rientrò più.

«Ha paura di me», pensò il servo. «Perché, perché ha paura? Che posso farle io? Non ho giurato di non farle mai del male? Ella è vile; è vile, vile; ma io l'amo più di me stesso e se ella mi domandasse perdono...»

Non sapeva perché, pensando a lei diventava debole come un bambino; ma d'improvviso sentì nuovamente come un lontano galoppo di cavalli, una fiamma gli bruciò il viso, una nube rossa gli passò davanti agli occhi.

Uccidere, uccidere! Bisognava uccidere qualcuno, bisognava bere un po' di sangue umano per estinguere la sete terribile che gli bruciava la gola.

«Stanotte strangolo zio Nicola, questo cinghiale rosso e sciocco...»

Ma dopo che zia Luisa si fu ritirata, il padrone sollevò il bastone e lo batté lievemente sulle spalle del servo.

Pietro trasalì; parve svegliarsi da un sogno.

«Che c'è?»

«Buone notizie», disse zio Nicola, con voce ironica. «Ora te le racconto

Spiegò un gran fazzoletto turchino, lo scosse sul fuoco, poi si soffiò rumorosamente il naso.

«Sì, buone notizie, almeno si dice così. - Prendi tabacco, Pietro Benu? No? Allora, buona notte! Sì, anch'io ho cominciato a prender tabacco: invecchio. E lasciamo andare! Dunque mia figlia Maria sposa Francesco Rosana

Pietro ascoltava e taceva. Le ultime parole del padrone lo colpirono come bastonate. Ah, ebbene, sì, fino a quel momento egli aveva sperato d'ingannarsi!

«Come si fa?», proseguì zio Nicola. «Si poteva aspettare ancora, si poteva sposare un bel giovine; ma alle donne, oramai, credi pure, piacciono gli uomini brutti. Tu sei un bel giovine, per esempio; ma credi tu che piacerai alle donne? Passati quei tempi, bello mio! Il cuculo non canta più... Sì, bello mio, zia Luisa lo vuole, Maria lo vuole, tutto il mondo lo vuole...»

«Chi?»

«Chi? Sei sordo? Non ho nominato Francesco Rosana? Giovine ricco, spaccone, consigliere comunale. È vero che Maria poteva sposare un borghese, un medico, un avvocato; ma gli avvocati, dice zia Luisa, sono spiantati. Dunque, sai tu chi ha fatto la domanda di matrimonio? Indovina un po'.»

Pietro sollevò il capo, fece il suo solito gesto sprezzante.

«Il sindaco, bello mio; il sindaco in pelle ed ossa», annunziò il padrone: e voleva essere ironico, ma non riusciva a nascondere una certa soddisfazione vanitosa. «Benissimo», proseguì, levandosi la berretta e rimettendosela un po' di sbieco sul testone arruffato. «Faremo come vorrete voi. Soldi ci sono, in casa Rosana! E Maria pare fatta apposta per contar denari

«Dicono però...», cominciò Pietro; ma ripeté il suo gesto sprezzante e s'interruppe.

«Dicono? Che cosa dicono? Rispondi, eh! Dicono?...»

«Dicono che Maria non è innamorata di Francesco...»

«Innamorata? Peuh, chi lo sa? Le donne, ti ripeto, non s'innamorano più. Però nessuno la costringe. Lei lo vuole, lei se lo piglia. Io non ho neppure tentato d'esprimere la mia opinione

«È finita!», pensò Pietro.

L'accento sincero e le confidenze del padrone gli mostravano le cose nella loro brutta realtà. Maria lo aveva tradito volontariamente: e chi sa da quanto tempo ella covava il tradimento!

Sì, ella lo aveva tradito baciandolo, come Giuda aveva tradito il Signore.

Tutto era finito.

 

Rimasto solo, Pietro si abbandonò tutto alla sua rabbia e alla sua disperazione. Uscì nel cortile e s'avvicinò alla scaletta; s'aggirò qua e , spiando il modo di poter arrivare fino alla camera di Maria. Impossibile; tutto era chiuso, tutto era silenzio. Sopra il muro del cortile una stella verdognola, luminosa come una piccola luna, forse la stessa che aveva accompagnato col suo raggio la corsa pazza di Pietro attraverso la vallata di Marreri, scintillava e pareva ridesse di lui e delle sue smanie.

Egli rientrò nella cucina e si buttò per terra. I ricordi lo stringevano, lo soffocavano. , proprio , accanto al sacro focolare, davanti al fuoco che pareva cosa viva, Maria lo aveva baciato, aveva promesso, aveva spasimato... Come ogni cosa poteva svanire?

Chiudendo gli occhi, egli credeva di sentire ancora la voce sommessa di lei: la cara mano si posava ancora sulla sua... Tutto il resto era un sogno crudele. Ma d'un tratto la voce mutava; diventava quella d'un uomo, una voce alquanto nasale che pronunziava parole ricercate; sì, il rivale era , seduto davanti al fuoco; un sogghigno di scherno gli sollevava il labbro superiore, l'ombra del suo profilo aquilino vagava sulla parete come il profilo d'un uccello di rapina.

Maligne visioni apparivano: ecco, zia Luisa rideva di gioia; il suo insolito riso aveva qualcosa di lugubre, quasi d'osceno; il suo fuso cigolava, emetteva uno stridio misterioso come di porta che s'apra lentamente sui cardini arrugginiti: zio Nicola raccontava le sue antiche avventure amorose, con particolari licenziosi, e Pietro si sentiva ardere di desiderio. Ma d'improvviso tutto taceva: le figure dei padroni sparivano, il fuoco si spegneva a poco a poco. E nella penombra rossastra si delineava un gruppo: un uomo e una donna avvinti, con le labbra unite.

Erano loro: Maria e Francesco.

Pietro balzò coi pugni stretti, si slanciò attraverso il focolare, verso l'insopportabile apparizione.

Ma dal pavimento alla parete sprazzata dal chiarore rosso del fuoco semispento si mosse solo, gigantesca e deforme, un'ombra che parve battere e spezzarsi la testa contro il tetto.

Pietro tornò a sedersi per terra e si portò le mani alla testa: sì, gli pareva davvero d'aversela fracassata. Di nuovo sentì il galoppo lontano di molti cavalli, un rumore di pietre cadenti su pietre; e il sangue gli velò ancora gli occhi.

Un lieve rumore nel cortile lo richiamò in sé.

«È lei? Oh, se venisse, se mi dicesse: è tutto un sogno, Pietro: eccomi, son tua ancora...»

Ella non venne, ma bastò questo momento di speranza per intenerire il cuore del disgraziato. Perché disperarsi così presto? Dopo tutto, il matrimonio non era celebrato ancora! Eppoi, fosse anche tutto finito con Maria, non esistevano altre donne nel mondo?

«Potrò dimenticare; son giovine, son forte...»

Ricordò Sabina, ripensò a tante altre fanciulle povere che avrebbero potuto amarlo perdutamente. Perché impazzire per una che lo tradiva?

Ma al pensiero del tradimento di Maria il dolore riafferrò l'anima del tradito: e Maria era l'amata, era l'unica; era l'aria che egli respirava, il sangue che lo animava, il dolore che lo urgeva. Senza di lei nulla esisteva, tutto era tenebre.

Le ore passarono. Egli fece anche un severo esame di coscienza, domandandosi se aveva commesso qualche colpa, qualche errore che giustificasse il tradimento di Maria. Nulla. Egli non aveva fatto altro che amarla.

E neppure nei momenti di rabbia poté indovinare la vera ragione del repentino mutamento di lei. Egli l'aveva collocata tanto in alto, tanto in alto, come una stella; non ne vedeva quindi che lo splendore.

«Ella mi lascia perché non mi ama più», pensò. «Mi lascia perché tutti davanti a lei hanno lodato Francesco Rosana, ed ella ha cominciato ad amarlo... Francesco è brutto», pensò poi, «ma è istruito, è astuto, sa parlare come un avvocato. Chi sa quali arti seduttrici, quali malie di sguardi e di parole avrà egli adoperato per rubarmi il cuore di Maria. Ah, quella festa di Gonare, mai non fosse arrivata! Maria è donna e debole: me l'hanno rubata, me l'hanno ammaliata; mi hanno assassinato. Che siano tutti maledetti! Guai, guai a loro! guai a Francesco Rosana, falco maledetto, assassino, guai...»

Mille progetti di vendetta gli attraversarono la mente.

«Lo ammazzerò qui, qui, davanti a questo sacro focolare», disse a voce alta, stendendo la mano verso il fuoco. «Qui, qui, il giorno delle nozze, prima che ella diventi sua! Sangue e lagrime: di questo ho bisogno

Di nuovo un rombo di rovina gli risuonò entro le orecchie, e una nuvola di sangue gli passò davanti agli occhi: poi tutto tacque, tutto sparve. Il ricordo dei giorni oramai spariti per sempre gli raddolcì il cuore. Ed egli scoppiò in pianto.

Dopo la morte di sua madre non aveva più pianto: e queste furono le ultime lagrime della sua vita.

 

 





14 Coperti di zucchero.



15 L'entrata, permesso di visitare la fidanzata.



16 Saluto scherzoso.



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