Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
La via del male
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Il secondo matrimonio di Maria si combinava nel massimo segreto. Nessuno ne sapeva nulla; neppure i più stretti parenti, neppure le vicine abituate a veder Pietro andar tutti i giorni in casa dei suoi ex-padroni.

Da lungo tempo Maria aveva licenziato la serva, e neppure il bettoliere toscano era riuscito, fino agli ultimi giorni, a sapere le novità di casa Noina.

Grandi meraviglie, quindi, e molti pettegolezzi, quando, verso i primi di maggio, gli sfaccendati lessero le pubblicazioni di matrimonio attaccate alla porta del Municipio.

«È per questo!», osservò il bettoliere, che già ricominciava a scacciar le mosche col pennacchio di carta. «Un giorno ho sentito la zia Luisa e lo zio Nicola litigare aspramente. Sentivo pronunziare il nome di Pietro Benu, e la zia Luisa diceva al marito: «È naturale che ti sia simpatico. Corvo con corvo non si cavan gli occhi». Voleva dire che si somigliano. Si vede che la zia Luisa non vuole Pietro per genero

Il bettoliere indovinava. Quando Maria aveva annunziato il suo fermo proposito di sposar Pietro Benu, zia Luisa aveva arrossito. Poche volte in vita sua ella aveva dimostrato così evidentemente la sua collera e la sua vergogna. Dopo, madre e figlia, marito e moglie, s'erano bisticciati e ingiuriati. Zio Nicola per poco non si disse onorato della domanda di Pietro; zia Luisa dimenticò il suo «decoro» fino a piangere con vere lagrime.

«Pietro Benu? Il mio servo, sposare mia figlia, la vedova di Francesco Rosana? Pietro Benu, un uomo della peggiore linnía32, un cane randagio che ha finalmente trovato un osso da rosicchiare? Ma ti hanno ammaliata, Maria? Che direbbe Francesco Rosana se risorgesse? Figliolino mio, fiore mio, ecco che ti piango come se ti avessero ammazzato una seconda volta

«Il diavolo ti pianga!», gridò zio Nicola, battendo il bastone per terra. «Non lo hai pianto la prima volta e lo piangi la seconda

«Lasciamo in pace i morti», disse Maria. «È inutile far scandali. Ho deciso. Son tanti anni che ci penso, e se non fossi stata sicura del fatto mio non avrei aperto bocca. Dunque è inutile gridare: voi conoscete la mia volontà. Ci sposeremo subito; andremo via, se vorrete: fra poco la casa di Pietro sarà ultimata

«La gente... che dirà la gente?...», singhiozzava la vecchia. «Non per me... ma per la gente, per il decoro della famiglia

«Calmati, madama reale», le disse zio Nicola che spesso la chiamava ironicamente così. «Maria non deve sposarsi con la gente, deve sposarsi con Pietro Benu, che è un giovine intraprendente e fortunato. Ecco, prendi una presa di tabacco: uno starnuto ti farà bene

Zia Luisa afferrò la tabacchiera e la scaraventò nel cortile.

«Tacete tutti e due, svergognati! Vedremo come andrà a finire

Ma poi si rassegnò e pregò che le usassero almeno due favori. Primo: che il matrimonio si facesse nel massimo segreto. Secondo: che Pietro non l'annoiasse con visite frequenti.

D'altronde, fin dalla sua prima visita Pietro parlò chiaro:

«Zia Luisa, so che la mia presenza vi dispiace. Non vi do torto; vi rispetto e venero. Desidero che il matrimonio avvenga subito. Che dobbiamo aspettare? Da tanti anni abbiamo atteso ciò che più premeva: il consenso di Maria. Dunque? La mia casa non è ultimata, ma ci si può abitare. Fra giorni io parto per Cagliari; acquisterò i mobili per la casa e i regali per la sposa: al ritorno faremo le pubblicazioni».

«Benissimo: questi sono uomini che sanno parlare!», gridò zio Nicola.

Zia Luisa tacque.

Maria, che sedeva lontana dal fidanzato e quasi neppure lo guardava, pensò:

«Vuol fare degli acquisti a Cagliari! Lo imbroglieranno certamente».

Ma non osò parlare.

Pietro fece altre due visite alla fidanzata, sempre di notte; ogni volta si parlò di cose indifferenti.

Una sera Maria nominò per caso il suo defunto marito, e notò una lieve espressione di disgusto sulle labbra di Pietro. Appena egli fu uscito, zio Nicola le disse:

«Bada, non si deve mai ricordare il primo sposo in presenza del secondo; non farlo più.»

«Ma se prima ne parlavo sempre!»

«Allora Pietro non era tuo fidanzato. Credi tu forse che un uomo libero sia come un fidanzato? No, vedi; l'uomo è come un'arma, innocua se è scarica, pericolosa s'è carica... Il fidanzato è un'arma carica: non bisogna urtarla...»

Alla quarta visita «l'arma carica» insisté per fissare il giorno delle nozze.

Ardeva e spasimava d'incertezza e di passione: ogni volta che entrava guardava Maria con occhi avidi, scrutando se sul viso della giovine vedova appariva qualche segno d'inquietudine.

Ella lo guardava appena alla sfuggita, ma bastava quello sguardo carico di desiderio perché egli dimenticasse ogni altra cosa e vibrasse tutto di piacere selvaggio. Dopo il primo colloquio non s'erano trovati più soli: zia Luisa accompagnava Pietro fino al portone quando egli se ne andava, e pareva vigilasse e si prendesse il gusto crudele di separare i due pericolosi fidanzati.

Una domenica mattina Pietro entrò all'improvviso, con la speranza di trovar Maria sola; ma zia Luisa era già stata alla prima messa del Rosario.

«Io parto oggi per Cagliari», annunziò Pietro. «Mi fermerò stasera a Macomer per sbrigare un affare; fra quattro giorni sarò di ritorno. Fa preparare le tue carte per le pubblicazioni, Maria

Invece di quattro stette assente otto giorni. Maria si sentiva triste, inquieta; pensava a lui come mai, neppure durante i primi mesi del suo amore, aveva pensato. Qualche volta il suo antico orgoglio risorgeva: l'idea di dover sposare un ex-servo, dopo essere stata la moglie di un ricco principale, la umiliava profondamente: ma poi ella si riabbandonava tutta alla sua passione, al desiderio ardente di un amore sfrenato. I lunghi anni di vedovanza avevano come rinnovellato la sua verginità e smussato il suo carattere primitivo. Le pareva di aver provato tutte le gioie e tutti i dolori, tranne l'amore. Era stata invidiata, adulata; aveva pagato a caro prezzo il suo tradimento; ora i suoi trent'anni ardevano di desiderio.

Ella smaniava di godere, voleva riacquistare tutto il tempo perduto, la giovinezza sprecata inutilmente: ma in tutto ciò v'era qualche cosa d'impulsivo. Il caldo primaverile, il benessere, la quiete della casa, la solitudine, acuivano in lei questo improvviso trionfo dei sensi, questo risveglio della giovinezza stanca di dormire.

Ma quando il desiderio non l'accecava, ella provava ancora un vago malessere; un rimasuglio di rancore le fermentava in fondo all'anima: non poteva perdonare a Pietro la sua origine volgare, e gli rimproverava ogni più piccola mancanza. L'antica padrona risorgeva in lei, prepotente e beffarda.

Così si sdegnò perché al quarto giorno egli non ritornò da Cagliari.

«Eccolo che comincia a mentire! C'era bisogno di promettere, se non poteva mantenere? Che fa ora laggiù? Si diverte, ecco tutto; chi sa...», pensava.

Il sesto giorno cominciò ad inquietarsi.

«E Pietro che non torna e non scrive!... Deve essergli accaduta qualche disgrazia. Stanotte ho sognato una lettera listata di nero, che non potevo leggere; mi fece una triste impressione; mi svegliai tremando

Quella sera ricevette infatti una lettera di Pietro. Prima di leggerla la palpò a lungo, con una specie di voluttà; poi per leggerla si ritirò nella sua camera. Egli le domandava perdono del ritardo e le esprimeva il suo amore con frasi rozze ma ardenti. «Ti abbraccio e ti bacio mille volte, come quella domenica; ti stringo forte, muoio dal desiderio di starti vicino e di baciarti ardentemente

Bastò questo perché ella ricadesse nel suo delirio amoroso.

«Vedi, madama reale?», gridò zio Nicola, battendo lievemente la punta del bastone sulla lettera che Maria teneva stretta fra le dita. «Egli sa anche scrivere

«Però, dove lo ha imparato!...», esclamò zia Luisa. Ed a Maria, che le domandava consiglio se doveva o no rispondere a Pietro, la vecchia disse con dignità: «Davvero; sei ammaliata! Perché vuoi rispondere? Perché alla posta vedano la tua lettera? Un po' di decoro almeno, figlia mia; serba almeno un po' di decoro».

Per serbare un po' di decoro Maria non rispose.

Pietro ritornò due giorni dopo: portò alla sposa magnifici doni, ed a zia Luisa un corsetto di ricchissimo broccato; e questa gentilezza intenerì alquanto la futura suocera.

 

«Ebbene», ella disse a Pietro, il giorno dopo le pubblicazioni, «come faremo queste nozze? Inviterai i tuoi parenti

Egli scosse la testa sdegnosamente.

«Io non ho parenti. Se volete invitare qualche persona, fatelo pure; per me desidero si facciano le cose modestamente, in intimità

«Va benissimo», rispose zia Luisa; e si volse per nascondere le lagrime che le inumidivano gli occhi al ricordo delle prime nozze di Maria.

Ora Pietro andava e veniva liberamente e rimaneva lunghe ore presso la fidanzata, mentre si facevano gli ultimi preparativi per le nozze. Sebbene Maria serbasse tutte le sue vesti da sposa, aveva acquistato un nuovo costume, molto modesto, quale si conviene ad una vedova che riprende marito.

Siccome la casa di Pietro non era ultimata e le nozze erano fissate per la seconda metà di maggio, zio Nicola ed anche zia Luisa avevano proposto agli sposi di passare la luna di miele in famiglia. Dopo tutto zia Luisa non era cattiva, e prima del denaro e del decoro della famiglia ella amava Maria di sviscerato affetto. Le vicine poi, con le loro adulazioni, e Pietro, con le sue continue gentilezze, l'avevano alquanto rabbonita.

«Fate vedere il corsetto che Pietro vi ha regalato», le dicevano le vicine. «Gesù, Maria, che bella cosa! È un broccato antico; un regalo degno di voi e di Pietro Benu. E a quando le nozze

«Ah, non sappiamo», rispondeva zia Luisa, ripiegando il broccato e avvolgendolo nella carta velina.

Fino alla vigilia del matrimonio tutti ne ignorarono la data precisa: taceva anche zio Nicola, che rispettava gli antichi usi e trovava giusto che una vedova, in omaggio alla memoria del primo marito, non festeggiasse le seconde nozze. Pietro era il più impenetrabile. Non parlava con nessuno del suo matrimonio, sollecitava i muratori perché terminassero la casa, e soffriva all'idea di passare la luna di miele presso i Noina e di occupare il posto del morto.

«Nel suo letto...», pensava rabbrividendo.

L'antivigilia delle nozze Maria lo guardò sorridendo e gli chiese:

«Ti sei preparato?».

«A che?»

«A confessarti

Egli non rispose subito, e come un'ombra gli offuscò gli occhi.

«Sono molti anni che io non compio il precetto pasquale», disse con tristezza. «Ho tanto sofferto che non credo più in Dio

«Tu sai che non bisogna sposarsi in peccato mortale», disse Maria con voce insinuante. «Peccati ne avrai commessi in questi anni! È necessario che tu ti confessi. Non dare quest'ultimo dispiacere a mia madre, Pietro...»

Egli si chinò, poi sollevò e scosse la testa.

«Ebbene, sia. Ma anche tu mi devi fare un piacere: non ho osato domandartelo prima. Per il tempo che abiteremo qui, nella casa di tuo padre, lascia che faccia portare nella camera dove dormiremo il letto che ho acquistato a Cagliari

A sua volta Maria si fece pensierosa e triste. Era la sposa che doveva fornire il letto nuziale, e Pietro quasi la offendeva proponendole un letto suo; ma d'altra parte egli aveva ragione. Ecco, la perspicacia di zio Nicola non aveva preveduto il caso, e Maria, stordita dalla passione e dall'incalzarsi degli avvenimenti, non aveva indovinato il giusto desiderio di Pietro di non dormire dove Francesco Rosana aveva dormito.

Allora vennero ad un accordo: Pietro si sarebbe confessato e Maria avrebbe messo un altro letto nella sua camera!

 

Un giorno di maggio, alle tre del mattino, nella chiesetta del Rosario, vennero celebrate le nozze.

Maria non aveva chiuso occhio durante la notte. A un'ora era già in piedi, pallida e stanca: le pareva di sognare; ricordava il chiasso, la magnificenza, il lusso e l'allegria delle sue prime nozze; ora tutto procedeva in silenzio, in segreto. Non era stata neppure ripulita la casa, non invitato un parente, un amico, all'infuori dei due testimoni indispensabili.

Eppure questa volta il cuore della sposa palpitava di gioia, le sue mani tremavano nel preparare il letto nuziale.

Scese in cucina, spazzò, accese il fuoco e preparò il caffè: un lieve rossore le colorì il viso stanco.

Verso le due risalì nella sua camera e cominciò a svestirsi, ed a misura che si levava e riponeva nella cassa gli indumenti da vedova provava una strana emozione, un impeto di gioia e di tristezza. Sì, ella si spogliava e si liberava d'una veste dolorosa; un triste periodo della sua vita cadeva e spariva con quelle vesti nere che le avevano stretto il corpo e l'anima tragicamente. Le pareva, strappandosi da quell'involucro funereo, di metter le ali come la farfalla uscente dal bozzolo; ma quando sopra il corittu d'orbace ripose il giubboncello di panno, e ripiegò la pala e chiuse la cassa lievemente, quasi paurosa di svegliare qualcuno che dormisse nella penombra della camera, lagrime di vero dolore le solcarono il viso.

S'inginocchiò, mise i gomiti sul coperchio della cassa e pregò.

Una visione tragica le apparve ancora una volta, con evidenza spaventosa: un uomo abbandonato sull'erba, nella pace rorida del mattino primaverile, con una mano insanguinata che pareva domandasse pietà... E un grido d'allodola, puro e tranquillo come un raggio di luna, scendeva dalle rocce, tremolava sulle siepi fiorite...

Un brivido la scosse; sì, un'allodola cantava davvero, di dalla casetta tranquilla: il cielo cominciava a schiarirsi: un passo d'uomo risuonò nel cortile...

Ella balzò in piedi e cominciò a indossare il costume da sposa.

 

Per un po' la comitiva, composta dei due sposi, di una parente di Pietro, dei testimoni e di zio Nicola, procedé in silenzio, per le viuzze solitarie rischiarate dai primi barlumi dell'alba. Pareva che tutti avessero paura di svegliare la gente e di esser veduti.

Ma ad un tratto Maria, che camminava appoggiandosi alla parete di Pietro, si pose una mano sulla bocca e soffocò un piccolo scoppio di riso.

«Che hai?», domandò lo sposo.

«Ecco, rido perché sembriamo ladri», ella rispose senza voltarsi.

Da quel momento tutti cominciarono a ridere e chiacchierare, e così giunsero davanti alla chiesetta silenziosa.

La cerimonia fu lunga. Il sacerdote, assistito da un vecchio paesano che sembrava un apostolo, calvo come era e con una lunga barba giallastra, celebrò la messa per gli sposi. Le sue parole lente e dolci risuonavano nel silenzio melanconico della chiesetta profumata di rose, dove la luce dell'alba si fondeva col chiarore dei ceri.

Inginocchiati sui gradini nudi dell'altare, gli sposi stavano muti e raccolti; solo di tanto in tanto Pietro sollevava la testa, come scuotendosi da un sogno, guardava Maria e poi ricadeva nel suo raccoglimento quasi triste. Quell'ora solenne, che era stata il sogno e lo spasimo di tutta la sua giovinezza, non lo commoveva troppo; gli pareva d'esserci arrivato così, naturalmente, come qualsiasi sposo che ha scelto senza ostacoli una donna della sua condizione: ma se la gioia profonda della vittoria non gli agitava il cuore, una dolcezza profonda e un senso di pace lo rendevano felice.

Ecco, finalmente era giunto, come il viandante che dopo aver attraversato una foresta piena di agguati e di pericoli, arriva stanco ad un luogo ospitale e sicuro. Via ogni paura, ogni ricordo spaventoso; il fuoco brilla nel focolare, il vino aromatico scintilla nel bicchiere capace: è tempo di riposarsi, di bere e inebbriarsi.

Solo, di tanto in tanto, la voce cadenzata e dolce del sacerdote e la voce profonda del vecchio apostolo lo risvegliavano dal suo sogno: memorie confuse gli passavano allora in mente, vaghi terrori attraversavano la sua felicità un po' melanconica; ma bastava ch'egli sollevasse la testa, come scacciando sdegnosamente lontano da sé ogni timore, e guardasse il viso innamorato della sposa, perché la gioia della realtà lo riavvolgesse tutto. Maria pregava: anch'ella ricordava; rivedeva al suo fianco la triste figura dell'ucciso, ma non si turbava per questo. Non l'aveva pianto abbastanza? Anche per lei era tempo di risorgere e di godere. Vedeva Pietro senza voltarsi a guardarlo, lo sentiva vicino a lei, giovine, forte, ardente.

Dio aveva voluto la loro unione: sia lodato Iddio! Tutto accade per suo volere. Per riconoscenza verso questo Dio compiacente e buono, la sposa cercava di assistere alla cerimonia con animo tranquillo; via i ricordi, i pensieri molesti, le inquietudini! Resti solo l'amore, l'amore avido e ardente.

Anche al ritorno dalla chiesa il corteo passò inosservato: gli sposi precedevano, silenziosi, commossi, a testa china; soffiava un leggero vento di levante, che li avvolgeva col suo alito caldo e voluttuoso.

Erano belli e degni di stare assieme: una coppia perfetta. Gli accompagnatori, la parente e zio Nicola li seguivano guardandoli con ammirazione. Anche il prete diceva:

«Dio li benedica; sembran due fiori dello stesso cespuglio».

Zia Luisa aspettava dietro il portone: non piansebaciò gli sposi, come l'altra volta, ma gettò su di loro una manata di grano e augurò, senza scomporsi troppo:

«Buona fortuna! Buona fortuna!».

Anche le due donne, che erano venute per aiutarla a servire il caffè e i dolci, gettarono manate di grano sugli sposi; poi corsero a prendere i vassoi e salirono nella camera di zia Luisa.

Il sacerdote, appena entrato, s'affrettò a benedire il letto, scambiandolo per quello degli sposi. Zio Nicola provò un tale impeto d'ilarità, che dovette piegarsi ed appoggiarsi al bastone: rideva fragorosamente.

«Chi sa che faccia un altro figlio, ora, mia moglie! Ah, ah, un altro, ora

Tutti risero; Maria attirò il sacerdote nella sua camera:

«Scusi, scusi, pride Pascale; venga di qui!».

 

 





32 Lignaggio.

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