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Leon Battista Alberti
Naufragus

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  • 4.
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4.

 

In questo modo stemmo due , fra quali mali solo uno era quello che noi atterrava, la fame. Pareaci meglio già prima essere periti che ora vivere in tanto desiderio di saziarsi. E in prima quel barbaro nostro compagno in tanti infortuni, di natura feroce e d'ingegno bestiale e audacissimo, arse in tanta sevizia che e' tentò cosa inaudita, incredibile e degna di biastemarlo. Porsesi a me presso alla orecchia tutto interriato nel viso, coll'alito tremitoso, e denteggiando, e prima susurrando cominciò pregarmi e pregandomi alzò la voce persino a garirmi, dimandandomi ch'io lasciassi ucciderli quella infelicissima fanciulla compagna mia in questa acerbissima fortuna, per pascersi. La fanciulla che sentiva que' ragionamenti, aimè, non posso dire quanti pianti fussero e' suoi! E a me tanta atrocità di questo barbaro, e la misericordia di questa pura e tenera fanciulla, ah, e quanto mi perturbò! Temea per lei, temea e per me stessi, e cominciai a ripensare molte e molte cose, e dicea: siamo noi servati da tanta e sì rabbiosa tempesta per esser cibo a questo barbaro? Piansi. Pur con parole rattenea quel bestiale da tanta crudelità. Ma quel barbaro già già fiameggiava rabbia con gli occhi e gridava: «Occidianla». Io col tempo subito consigliato, gittai ogni resto di que' ferramenti ch'ivi restavano, acciò che quel mostro non potesse quanto e' cercava. Eimè! E chi referirà te, o misera fanciulla, quale avevi ogni tua salute posta solo in lacrime e preghiere? O pietà, che non solo a me qual sono pietosissimo, ma e ancora a quel barbaro vidi movesti le lacrime! Io adunque, volto alla fanciulla, dissi pigliasse buono animo, non bisognar quivi lacrime ma virtù; adonque stesse meco in piè e non giacesse in quel dolore, che se bisogno accadesse, potessimo due con fermo petto ossisterli, che sarei col favore di Dio galiardo combattitore contro tanta immanità, e a Dio esser comendata la nostra piatà.




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