9.
Pur rivennero a
noi e' pescatori presso a sera con liete voci qual fanno chi torna trionfando
a' suoi cittadini. Noi non potavamo languidi e attriti referire loro pari
letizia colle voci. Adonque in fretta rotto el lato della nave ne riceverono in
quella barca sua, ove doppo un poco soluti da maggior cure guardammo l'uno
l'altro. O Dio, quali erano e' nostri visi! El naso fatto acuto, le labbra
flappe pendeano, gli occhi fuggiti ed evacuati, la barba setosa, le guance
squalide, tutti osceni e simili o più sozzi in vista che que' che già tre dì
fussero stati morti. Tanto indizio in noi era della nostra sofferta calamità.
Que' pescatori, quando ne guatavano, per pietà lacrimavano. Noi fra noi, credo,
pazzeggiavamo per letizia, beffavamo e' nostri visi, e insieme domandavamo a
cui fusse la faccia più atta a nozze. In questa ecco in una barchetta a remi
velocissima el marito nuovo della nostra fanciulla, ch'avea udito della nave
trovata entrovi chi e' dubitava. Avea costui in dito l'anello, entrovi una
gemma rara e conosciuta, quale solea portare el mio carissimo fratello perito
in quel nostro naufragio: avealo questo sposo avuto da chi trovò el corpo
esposto sul lito. Abbraccioronsi quelli sposi. La fanciulla ricevuta in seno
del suo dolcissimo amatore tutta svenne in bràccioli. Io, che vidi in dito
dello sposo l'anello del mio ottimo fratello, per desiderio ancora svenni.
Credo che chi ci vide molto si comovesse non so se più a piangere e' nostri
mali e a misericordia e dolore, che a gaudio e letizia di tanta comutazion di
nostra fortuna. Indi imparai, amicissimi miei, a nulla mai disperarmi. Siate
felici.
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