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Leon Battista Alberti Profugiorum ab aerumna Libri III IntraText CT - Lettura del testo |
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AGNOLO. Are' io forse, come e' dicono, levatomi di spalla un peso per pormelo in capo? I' mi levai quella molestia dalle spalle di que' che mi voleano in Palagio, e venni a voi per caricarmi d'una maggior soma. A quale vi prometto nulla mi succinsi e assettai con premeditarvi quanto io dovea. Ma di che possiamo noi ragionare più accommodato a questi tempi e a questa nostra pubblica fortuna che solo di questa una cosa per quale ne rendiamo liberi e vacui d'ogni estuazione e turbidamento d'animo? E non recuso satisfarvi quanto in me sia. E sarà el mio ragionare un quasi investigare e commentare con voi quel che giovi. Se ci abbatteremo pure a una cosa commoda e che ci attagli, sarà buona opera la nostra, già che el merore, le tristezze e gli altri crucciati dell'animo sono, come dicea Crisippo e come chi lo pruovò el sa, molto maggiori e più acerbi che que' del corpo. E per curare el corpo quante cose s'investigorono, quante tuttora si ripruovano? Per sanificare l'animo e restituirlo a sua naturale integrità chi sarà che ne biasimi se investigheremo e accoglieremo ogni ragione di argumenti? Ma noi, - come e' dicono, nihil dictum quin prius dictum, - che potremo noi adducere cosa non spesso udita e racconta da molti altri? Referiremo quanto verremo di cosa in cosa ricordandoci; e forse in molte qualcuna ci si acconfarà. E come alle infermità del corpo uno solo modo di curarlo basta, così alla malattia dell'animo una qualche sola curazione forse basterà. |
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