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Dico, Niccola, e dico a te,
Battista: Oh perniziosissima peste a' mortali el troppo amore! Scrive Plinio
che Publio Catineio Filotimo, lasciato erede in tutte le fortune di colui a cui
e' fu servo in vita e molto amato, per troppo desiderio del padrone suo si
gittò in mezzo del fuoco dove s'ardea e onorava el morto. Fu cosa questa
d'animo impotente e furioso. Ma quali siano e' furori che tuttora traportino
que' miseri mortali in quali arde troppo amore, altrove ne disputeremo. E
queste nostre speranze e contentamenti quant'elle siano certe e stabili, lascio
considerarlo a chi più spera e gode che non si li conviene. Questo bene
ricorderei a chi mi volesse udire, che in ogni suo accogliere suo ragione e
summa in questa causa, soscrivesse insieme le durezze e maninconie qual sono
aggiunte e asperse con tante sue voluttà e letizie. E chi non vede ch'ogni
umano piacere, altro che quello qual sia posto in pura e semplice virtù, sempre
sta pieno d'infinite suspizioni e paure e dolori, ora di non asseguire, ora di
perdere quello che gli dilettava e satisfacea? Appresso di Virgilio, Eneas
fuggendo da Troia suo patria incesa ed eversa col padre in collo e col
figliuolo a mano, non e' suoi armati nimici, ma e' coniuntissimi lo
perturbavano. Leggiadro poeta!, namque inquit:
et me, quem dudum non ulla
iniecta movebant
tela neque adverso glomerati
ex agmine Grai;
nunc omnes terrent aure, sonus
excitat omnis
suspensum et pariter comitique
onerique timentem.
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