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Leon Battista Alberti
Profugiorum ab aerumna Libri III

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  • LIBRO II.
      • -15-
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-15-

 

Che credi tu, Niccola, che sia facile a noi mortali schifare e non ricevere a sé invidia quando ella si succenda e infiammisi da tante parti, or dalle cose quali in altrui vediamo e sentiamo, ora da cose quali in noi riconosciamo? Grave, hui! Grave perturbazione l'invidia! Ma quanto ella possi ne' nostri animi assai ne scrisse el tuo Leonardo tragico, omo integrissimo e tuo amantissimo, Battista, in quel suo Hiensale, quale egli apparecchiò per questo vostro secondo certame coronario, instituzione ottima, utile al nome e dignità della patria, atta ad eccitare preclarissimi ingegni, accommodata a ogni culto di buoni costumi e di virtù. Oh lume de' tempi nostri! Ornamento della lingua toscana! Quinci fioriva ogni pregio e gloria de' nostri cittadini. Ma dubito non potrete, Battista, recitare vostre opere; tanto può l'invidia in questa nostra età fra e' mortali e perversità. Quel che niuno può non lodare e approvare, molti studiano vituperarlo e interpellarlo. O cittadini miei, seguirete voi sempre essere iniuriosi a chi ben v'ami? E dovete sì certo, dovete favoreggiare a' buoni ingegni e meglio gratificare a' virtuosi che voi non fate. Son questi e' frutti delle vigilie e fatiche di chi studia beneficarvi? Ma della invidia e degli incommodi quali sono in le lettere, altrove sarà da disputarne. Tu, Battista, seguita con ogni opera e diligenza esser utile a' tuoi cittadini. Dopo noi sarà chi t'amerà, se questi t'offendono.




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