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Leon Battista Alberti
Profugiorum ab aerumna Libri III

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  • LIBRO II.
      • -29-
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-29-

 

E che così sia, vedi a Vergilio quel Laocon sacerdote, qual curando la salute della patria sua percosse col dardo quella macchina di quel cavallo di legno sacrato a <Pallade> e pregno d'armati. Erano e' tempi fatali in eccidio di Troia, e però non gli fu creduto. Non vorrei errare adducendo da' cieli in tutte le cose de' mortali necessità inevitabile, e quel ch'io al tutto niego essere. Forse come e' medici allo infermo danno per giovargli quel che nocerebbe a' sani, e quel che e' vietano in altri, come incanti e filaterie, aggiungono a sé quando e' duole loro; così e noi, in nostre perturbazioni e mala fermezza d'animo, non senza qualche utilità ascolteremo chi forse disse che ciò che ora è, mai potrà non essere stato, e ciò che avvenne, qualche himarmones e fatal condizione e cagione fu, onde e' non potea non avvenire. E poi che quella e quell'altra cosa accrebbe, ella durerà non più nulla se non solo quanto in lei potranno que' suoi cieli e fati quali sono volubili e instabili. Adunque saranno le cose né sempre in uno esserecontinuo in una quadra. Dicea Properzio:

 

Tempora vertuntur; certe vertuntur amores.

Et deus, et durus vertitur ipse dies.

 




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