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Leon Battista Alberti
Profugiorum ab aerumna Libri III

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  • LIBRO III.
      • -10-
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-10-

 

Appresso ….. era una consuetudine che gl'infermi giaceano fuori a' vestibuli e intrate del tempio. Chi entrava a salutare Iddio, vedea e udia ogni progresso di quella infermità, e dicea: questo medesimo intervenne al tale, e intervenne a me: fecivi quello e quell'altro rimedio, e sanificammo. Contrario uso mi pare el nostro ch'e' medici, onde impariamo sanificarci, stanno a' vestiboli de' tempî nostri. Quanto mi sollievano, Niccola, questi afflitti e lassi dalla sua fortuna e morbo, quali tu vedi nudi, sauciati, in età stracca, imbecillissimi, sedere e giacere su dove tu poni e' piedi, e pregarti limosina e pietà. Indi, Battista, indi prenderemo ottimi e salutiferi rimedi. Colui povero e priegami; io ricco, e dono: colui ogni suo membro nudo; io persino alle mani e molta parte del viso (membra da volerle espeditissime) tengo vestite e obinvolute: colui scabbioso, leproso, immundissimo, tutto carco di malattie e lutoso di fetido e virulento umore; io nitido splendido e tutto vezzi. Di tanta oscenità e fedità toccherebbe parte a me, se ogni cosa si distribuisse per sorte; e non si distribuendo, io pur sono lungi molto più felice che costui. O costui è poltrone, gaglioffo, e piacegli essere non altri che e' si sia omo; e pure è di quel medesimo luto che tu. E tanto più debba moverti a pietà, e insieme tanto più debba muoverti a riconoscere la tua sorte e la sua calamità, quanto in lui sono e membra e mente men sane che in te. E appresso dimmi: quello antiquo Mecenas nobilissimo, editus atavis regibus, quello amico e nutritore di tutti e' buoni studiosi, quanto ti parse egli per tanta sua nobiltà degno della sua assidua molestia? Costui molta sua età sostenne in sé perpetua febbre, sanza dormire solo uno minimo momento d'ora. Troppo sarebbe cosa troppa divina non esser gaglioffo, se solo quella generazione di uomini soffrissero gli ultimi mali.




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