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Leon Battista Alberti
Profugiorum ab aerumna Libri III

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  • LIBRO III.
      • -18-
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A me non in tutto dispiacerebbe se qualche giuoco alquanto lascivo piacesse a chi e' bisognasse per dimenticarsi la sua mala sanità d'animo. L. Silla cantava non rarissimo, e Cimon, quel celebratissimo ateniense, doppo cena cantò appresso di Laumedonte. Scipione, qual fu lume non solo dell'arme e impeto romano, ma lume in prima illustrissimo d'ogni civiltà latina, solea con molta grazia spesso danzare. E Appio Claudio, uomo che trionfò, sendo grave e maturo, persino in ultima sua età danzò molto volentieri e con molta iocondità. Augusto, quel primo successore a Cesare, quale tre volte chiuse el tempio di Iano Quirino, non più che una o due volte prima veduto in Roma non aperto, scriveno che per suo trastullo solea pescare coll'amo, e non raro giucare alle nocciuole in mezzo di più fanciugli quali fossero d'aspetto dolce e di parole arditi. Ed Eraclito filosofo simile non fue più volte veduto appresso al tempio di Diana giucare alle murelle co' fanciugli? E Socrate, principe d'ogni modestia e gravità, non soleva egli per ricrearsi giucare a que' simili giuochi puerili insieme co' fanciugli? Lelio e Scipione sul lito presso a Gaeta soleano simile trastullarsi co' calculi e fargli balzellare sopra l'acque e a maraviglia insieme rinfanciullire. Referirovvi a questa similitudine ciò che a me verrà in memoria. Publio Muzio iurisconsulto giucava per darsi ozio a quel giuoco quale e' chiamavano duodecim scripta; e Claudio Cesare giucava a quel giuoco chiamato alea, e scrissene un libro non solo per esplicare che artificio vi bisogni per vincere, ma forse in prima per pigliarsene diletto scrivendone. E simile C. Macio e M. Ambivio, patrizi romani, dice Columella, scrissero que' duo libri Quocum et Pistorem, dove e' comandano a questi che venendo a mescolarsi con qualche femmina tocchin nulla se prima e' non si lavin le mani in fiume. E scrissero costoro non per insegnare cuocere el pane e fare la cucina, ma credo solo per imitare Solone, prestantissimo principe e filosofo in Grecia, quale recita Plutarco che per recrearsi dalle fatiche delle sue faccende solea darsi a scrivere versi lascivi. Penolopes, presso ad Omero, tenea in sue delizie venti oche, credo io, bionde bionde, e gratificavagli intanto dimenticarsi el suo Ulisses quanto ella curava quella sua domestica greggia e famigliuola. Alessandro, quello ottimo principe romano nimico de' ladri, quale talvolta con tanto stomaco si versava contro a' rapaci cittadini che la collera si li rompea e fuori in terra traboccava, costui, principe ottimo e constantissimo, dicono che per suo sollazzo e vezzi tenea colombi paia ventimila, e pasceagli del frutto de' loro pippioni: godea vedergli volare, e, come dicono e' poeti, godea sentirgli gemere ne' suoi amori e applaudere e festeggiare coll'ale a chi ben gli nutriva. Racconta Suetonio istorico che Tiberio Cesare principe romano pigliava sollazzo in mezzo al bagno natare con più e più tenerucci fanciugli, e ridea dicendo: questi sono e' mia pesciatellini. Ulisses solea presso a Circes lavarsi co' bagnuoli odoriferi. Catone, quel buon romano si levava dalle fessitudini delle sue faccende e tessea paneruzzole. Vidi io alcuni di natura duri, bizzarri, inessorabili, a cui bisognava quasi come per escludere e pignere fuori quel piuolo rotto del pertuso infiggervi uno altro intero piuolo, e per trargli la bizzarria bisognava litigar seco di qualche cosa ed eccitar seco qualche rissa tanto che si sfogasse, e poi era mansuetissimo e facilissimo e flessibile in ogni parte. A Pirro Eliensis filosofo, figliuolo di Plistarco, scrive Laerzio istorico, fu trastullo tenere una sua scrofa ben munda dal loto e ben pulita, e forse se la tenea, qual fanno le mamme, in collo per sua bambina. Così molti simili essempli e modi da espurgare la erumna e gravezza de' duri pensieri e atti a restaurarci, s'io vi pensassi, potrei esporveli, co' quali e' nostri maggiori soleano recrearsi. Ma questi per ora bastino a quanto intendiamo.




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