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Leon Battista Alberti
Profugiorum ab aerumna Libri III

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  • LIBRO III.
      • -20-
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-20-

 

Restano alcuni ultimi e ottimi ricordi a questa materia quali non voglio preterirli, e sono questi: non repetere all'animo tuo e' passati sinistri; ragiona e con teco e con altri d'ogni altra cosa che de' casi e infortuni tuoi. In Roma el simulacro della dea Angeronia aveva la bocca legata e suggellata, e a costei faceano e' sacerdoti sacrificio nel sacello della dea Voluppia; qual misterio interpetra Macrobio significare che soffrendo con taciturnità le angustie dell'animo tornano poi in voluttà. Ma perché pare, quando siamo soli, meno possiamo non repetere e' nostri mali, e quando siamo non soli più troviamo da consolarci co' e' ricordi e ammonimenti di chi ne ascolta, però mi piace quel precetto antiquo che in tue infelicità e miserie sempre fugga la solitudine. E a questo lodano trovarsi co' cari noti e amici in teatro, ne' tempi, e dove siano feste e giuochi privati e pubblici. E simile lodo io el tradursi colla gioventù in villa a quello aiere libero, suso que' lieti colli, fra que' culti e prati amenissimi. E per divertere l'animo da ogni trista memoria e duro pensiero, dicovi questo: nulla troverete utilissimo quanto occupare le membra e occupare l'animo vostro ad altre varie o grate o ingrate faccende ch'elle siano. Que' di Pompeio, quando e' lo viddero ucciso e tronco giacere in sul lito, tanto restorono di condolersi quanto essi attesero a fuggire. Converrassi adoperare coll'uccello, co' cani alle caccie, tendere alle fere, a' pesci. Sarà non disutile intrapreendere qualche patrocinio in la causa del tuo noto o vicino. Così con altri e con simili essercizi sarà utilissimo al tutto lungi fuggire ogni ozio e solitudine. E non vi tacerò quel ch'io provai in me. Parravvi forse cosa lieve, ma ella porta seco ottimo e presentaneo rimedio. Cosa niuna tanto mi disdice da mia vessazione d'animo, né tanto mi contiene in quiete e tranquillità di mente, quanto occupare e' miei pensieri in qualche degna faccenda e adoperarmi in qualche ardua e rara pervestigazione. Soglio darmi a imparare a mente qualche poema o qualche ottima prosa; soglio darmi a commentare qualche essornazione, ad amplificare qualche argumentazione; e soglio, massime la notte, quando e' miei stimoli d'animo mi tengono sollecito e desto, per distormi da mie acerbe cure e triste sollicitudini, soglio fra me investigare e construere in mente qualche inaudita macchina da muovere e portare, da fermare e statuire cose grandissime e inestimabili. E qualche volta m'avvenne che non solo me acquetai in mie agitazioni d'animo, ma e ancora giunsi cose rare e degnissime di memoria. E talora, mancandomi simili investigazioni, composi a mente e coedificai qualche compositissimo edificio, e disposivi più ordini e numeri di colonne con vari capitelli e base inusitate, e collega'vi conveniente e nuova grazia di cornici e tavolati. E con simili conscrizioni occupai me stessi sino che 'l sonno occupò me. E quando pur mi sentissi non atto con questi rimedi a rassettarmi, io piglio qualche ragione in conoscere e discutere cagioni ed essere di cose da natura riposte e ascose. E sopratutto quanto io provai, nulla più in questo mi satisfa, nulla tutto tanto mi compreende e adopera, quanto le investigazioni e dimostrazioni matematice, massime quando io studi ridurle a qualche utile pratica in vita; come fece qui Battista, qual cavò e' suoi rudimenti di pittura e anche e' suoi elementi pur da' matematici, e cavonne quelle incredibili preposizioni de motibus ponderis. Non voglio estendermi in recitarvi di me quello che in me possano queste arti matematice; né voglio insistere a persuadervi quel che io stimo per miei detti di sopra esservi persuaso. Tanto solo v'affermo: cosa niuna più giova a espurgare ogni tristezza che immettersi in animo qualche altra occupazione e pensiere. Confesserovvi di me stesso, a me non rarissimo intervenne ch'io, posto in mezzo dove erano alcuni invidi, procaci e temulenti, de' quali più d'uno con vari stimoli e aculei di parole per incitarmi ad ira di qua e di qua mi saettavano, stetti parteoccupato ad altre mie investigazioni, parte ancora sì disposto a nulla curarli più che se fussero quel corvo che salutava Cesare, o quel psittaco che gridava chere, chere, che io nulla udiva, nulla vedea, nulla sentiva altri che me stessi; meco ragionava, meco repetea miei studi e vigilie, e a me stessi intanto promettea buona grazia e posterità. Quinci pensate voi quali siano gli animi più pieni che 'l mio di maravigliosa investigazione. M. Marcello presso a Siracuse comandò a' suoi armati che in tanto eccidio di sì nobile terra servassero quello Archimede matematico, quale difendendo la patria sua con varie e in prima non vedute macchine e instrumenti bellici, aveva una e un'altra volta perturbato ogni ordine suo e rotto l'impeto di tanta sua ossidione ed espugnazione. Trovoronlo investigare cose geometrice quale e' disegnava in sul pavimento in casa sua; e trovoronlooccupato coll'animo e tanto astratto da ogni altro senso che lo strepito delle armi, el gemito de' cittadini quali cadeano sotto le ferite, le strida delle moltitudine quali periano oppressi dalle fiamme e dalle ruine de' tetti e de' tempi, nulla el commoveano. Cosa per certo mirabile che tanto fracasso, tanta caligine del fumo e del polverio non lo stogliesse da questa una sua investigazione e ragione matematica a quale egli era tanto occupato e adiudicato.




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