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Comincianci da questo capo. Le
perturbazioni, voglio favellare così, piovono e versansi nell'animo nostro
vacuo. Onde? Certo diranno alcuni surgere o dalla perversità de' tempi, o dalla
nostra propria iniqua fortuna, o da qualche duro caso, o dalla nequizia e
improbità degli altri uomini, o da qualche nostro errore. Altronde non vedo che
in noi possa insurgere acerbità o tedio alcuno. Ma, dirò io, cosa niuna
estrinseca potrà ne' nostri animi se non quanto noi patiremo ch'ella possa. E
parmi accommodata similitudine questa. Come alle tempeste del verno ne
addestriamo e apparecchiamo, coperti e difesi dalle veste, dalle mura, da'
nostri refugi e ridutti, e se pure el tedio delle nevi, la molestia de' venti,
le durezze de' freddi ne assedia e ostringe, noi oppogniamo e' vetri alle
finestre, e' tappeti agli usci, e precludiamo ogni adito onde a noi possa
espirare alcuna ingiuria del verno; e se saremo robusti e fermi, vinceremo ogni
sua asprezza e acerbità e rigore essercitandoci ed eccitando in noi quel calore
innato e immessoci dalla natura a perseverar vita alle nostre membra; se forse
saremo malfermi e imbecilli, ne accomandaremo al fuoco e al sole e alle terme:
così alle volubilità e impeti e tempeste della fortuna bisogna addestrarsi e
apparecchiarsi con l'animo, e precludersi dalle perturbazione ogni adito, ed
eccitare e susservare in noi quello ignicolo innato e insito ne' nostri animi
quale v'aggiunse e infuse la natura ad immortale eternità. Addesterremo e
apparecchieremo l'animo nostro contro a' commovimenti de' tempi e contro alle
ruine de' casi avversi, in prima col premeditare e riconoscere noi stessi, poi
col giudicare e statuire delle cose caduce e fragili, non secondo l'errore
della opinione, ma secondo la verità e certezza della ragione.
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