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Dicea Tales filosofo essere
difficile el conoscere sé stessi. Non so in qual parte sia da interpretare
questo suo detto, ma a me non pare difficile conoscermi uomo simile agli altri
uomini, tali quali gli descrive Apulegio. E chi dubita nell'uomo esservi
ragione? Sentilo ragionare, ed etti persuaso che l'animo dell'uomo sia
immortale. Vedi e' suoi membri atti a mancare e perire; conosci quanto sia suo
mente lieve e volubile e quasi mai senza ansietà; affermi el corpo suo essergli
in molti modi noioso; discerni infra gli uomini costumi al tutto vari e molto
dissimili. Non puoi negare che in loro gli errori sono simili: ardiscono
troppo, sperano con pertinacia, affaticansi in cose non certe né utili; loro
beni caduci a uno a uno muoiono; la moltitudine perpetuo vive; mutansi di prole
in prole; vola loro età; tardi a sapienza, presti a morte, queruli in vita,
abitano la terra. Adunque premeditando e riconoscendo noi stessi, ne
accoglieremo pensando: a che nacqui io? venni io in vita forse per tradur mia
età vacua e disoporosa? Questo intelletto, questa cognizione e ragione e
memoria, donde venne in me sì infinita e immortale se non da chi sia infinito e
immortale? E io, lascerò io me simile a un ferraccio macerare e marcire in
ozio, sepulto in mezzo el loto delle delizie e voluttà? Non giudicherò io mio
debito, essercitandomi in cose pregiate e degne, ben cultivare me stessi e ben
meritare di mia industria e virtù? Resterò io di spogliare e astergere da me
assiduo ogni improbità e ruggine di vizi? Queste due cose qual dicea Seneca
filosofo esserci date da Dio sopra tutte l'altre validissime, la ragione e la
società, lascerolle io estinguere per desidia e inerzia e nulla valere in me? O
forse le adoperrò solo in servire a questo corpo mio e a queste membra noiose e
incommode? Non mi diletterà più adattarle a gloria e immortalità del nome, fama
e degnità mia, della famiglia mia e della patria mia? Non premediterò io
assiduo me essere nato non solo, come rispose Anassagora, a contemplare el
cielo, le stelle e la universa natura, ma e ancora in prima, come affermava
Lattanzio, per riconoscere e servire a Dio, quando servire a Dio non sia altro
che darsi a favoreggiare e' buoni e a mantenere giustizia? Così mi si richiede;
e io così sponte e volonteroso delibero. Su, dianci coll'animo a queste
opere ottime e gratissime al nostro padre e procreatore Iddio. A' buoni, a'
quali deliberammo favoreggiare, non attaglieranno l'opere nostre non buone; né
ben potremo mantenere giustizia se non saremo nimici d'ogn'ingiustizia. Adunque
dedichiamo l'animo nostro a esser vacuo d'ogn'ingiustizia e pieno di bontà.
Quinci saremo in ogni officio d'umanità e culto di virtù ben composti, e ben
serviremo alla naturale società e vera religione, e preporrenci in ogni nostra
vita esser constanti e liberi.
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