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Leon Battista Alberti
Profugiorum ab aerumna Libri III

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO I.
      • -29-
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-29-

 

Né sia chi stimi non essercitandosi abituare in sé virtute alcuna. Non scrivendo, non pingendo, mai diventeresti pittore o scrittore. E scrivendo non bene s'impara scriver bene, pur che facendo curi fuggir quello che in te facea scriverti non bene. E per adattarci a virtù intrapreenderemo qualche essercizio virtuoso, in quale occupati ne esserciteremo assiduo pensando, investigando, adunando, componendo e commentando, e accomandando alla posterità nostra fatica e vigilie. E così ne distorremo e separaremo da ogni contagione e macula del vizio, e viveremo lieti e contenti. Oh dolce cosa quella gloria quale acquistiamo con nostra fatica! Degne fatiche le nostre per quale possiamo a que' che non sono in vita con noi mostrare d'esser vivuti con altro indizio che colla età, e a quelli che verranno lasciargli di nostra vita altra cognizione e nome che solo un sasso a nostra sepoltura inscritto e consignato. Dicea Ennio poeta: non mi piangete, non mi fate essequie, ch'io volo vivo fra le parole degli uomini dotti.




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