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Né sia chi stimi non
essercitandosi abituare in sé virtute alcuna. Non scrivendo, non pingendo, mai
diventeresti pittore o scrittore. E scrivendo non bene s'impara scriver bene,
pur che facendo curi fuggir quello che in te facea scriverti non bene. E per
adattarci a virtù intrapreenderemo qualche essercizio virtuoso, in quale
occupati ne esserciteremo assiduo pensando, investigando, adunando, componendo
e commentando, e accomandando alla posterità nostra fatica e vigilie. E così ne
distorremo e separaremo da ogni contagione e macula del vizio, e viveremo lieti
e contenti. Oh dolce cosa quella gloria quale acquistiamo con nostra fatica!
Degne fatiche le nostre per quale possiamo a que' che non sono in vita con noi
mostrare d'esser vivuti con altro indizio che colla età, e a quelli che
verranno lasciargli di nostra vita altra cognizione e nome che solo un sasso a
nostra sepoltura inscritto e consignato. Dicea Ennio poeta: non mi piangete,
non mi fate essequie, ch'io volo vivo fra le parole degli uomini dotti.
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