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Leon Battista Alberti
Profugiorum ab aerumna Libri III

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  • LIBRO II.
      • -19-
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-19-

 

Succede ancora che non raro per esser troppo indulgenti a' nostri errori, induciamo a noi stessi gravezza e acerbità, e duolci se altri forse non si ritiene di narrare e predicare quello che noi non ci contenemmo dire o fare con poca ragione e precipitata volontà. Se quel ch'altri referisce di te non è bello, incolpane te che a lui desti materia e istoria di così ragionarne, e inculpane chi prima errò, non chi ora dice el vero. Sentenza d'Agamenon presso di Euripide poeta tragico: tu che ardisti peccare, bisogna sostegni coll'animo non turbato molte cose ingrate. Aggiugni a questo che spesso la troppa cupidità d'essere lodato e il troppo studio di vedersi onorato e riputato, sta pieno di gravissima perturbazione. E certo bisogna qui non dimenticarci quel che e' prudenti dicono, che il volere piacere a molti non è altro che un volere dispiacere a' buoni e a' savi. Bastici tanto acquistar fama e asseguir gloria fra el vulgo con nostre fatiche e vigilie quanto intendiamo per noi essere satisfatto a' nostri ozii, e quanto conosciamo che chi ci loda e stima invero può affermarci iusti e temperanti e virtuosi. E de' biasimi e favoleggiamenti qual forse venissero in nostro detrimento da' nostri emuli, invidi e inimici, vorrebbesi potere essere di tanta maturità che noi statuissimo in noi uno animo qual più curasse essere in sé e buono e dotto che parere apresso degli altri. Dicono che all'uomo savio la coscienza sua è un grande celeberrimo teatro. Né cerca l'uom savio altri arbitri di suo vita e fatti che sé stessi. E aggiugneva Bion filosofo a queste sentenze che all'uomo perfetto in virtù era dovuto udire e' detti altrui verso di sé iniuriosi, non con altro fronte e stomaco che se si recitasse una commedia in scena. E vorrebbesi, non niego, come e' dicono, dall'infestazione degli inimici imparar mansuetudine per sapere poi viver lieto e iocondo co' buoni amici. E certo quando e' sia opera d'animo forte più el sofferire con mente equabile e non commossa e' detti acerbi d'altrui, che con animo turbato vendicarsi, lodere' io chi in questo frenasse sé stessi e moderassi gl'impeti e movimenti dell'animo suo. Ma poi che oggi così si vive come dicea quel poeta comico: lupo è l'uno uomo all'altro, - forse bisogna contro alle offese e sentirle e refutarle e vendicarle.




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