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Leon Battista Alberti
Profugiorum ab aerumna Libri III

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  • LIBRO III.
      • -9-
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-9-

 

Ma noi siamo e imprudentissimi ove male conosciamo lo stato nostro. Se, come dicea Socrates, tutti accumulassimo in un sieme e' nostri mali, a ciascuno parrebbe men peso riportarsi que' suoi antichi incarchi quali e' portò quivi, che di nuovo entrare sotto a questo inusitato peso e molestia quale a lui converrebbe se tutta la summa de' mali universi de' mortali si distribuisse per sorte equale a tutti. E quanto sarebbe somma più abile quella di Priamo, di cui si cantano que' versi troppo teneri e molto veementi ad eccitarci a compassione de' mali altrui, e a contenerci e ritrarci da ogni nostro inconsulto discurso in nostri effetti e immoderata voluntà:

 

Haec finis Priami fatorum; hic exitus illum

sorte tulit, Troiam incensam et prolapsa videntem

Pergama, tot quondam populis terrisque superbum

regnatorem Asiae...

 

 

Non mi estendo in raccontarti le calamità sue. Felice lui, se di tutta quella summa qual dicea Socrate, non più a lui fusse stata imposta dalla fortuna sua che solo la parte sua.




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