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Leon Battista Alberti
Profugiorum ab aerumna Libri III

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  • LIBRO III.
      • -11-
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-11-

 

Ma non mi stendo, già che in recitare le miserie dei mortali mancherebbe el dì. Tanto dico che non solo riconoscerci uomini e pensare alle sorte e condizioni umane, come ieri dicemmo, fanno escludere le maninconie, ma e ancora giovano a espurgare le già concepute e al tutto infisse miserie entro all'animo. E non solo questo riconoscere te stessi, ma insieme qualunque cosa propulsa e distiene da noi le perturbazioni; questa medesima le evacua, e risanifica l'animo nostro già contaminato e corrutto. E massime quei luoghi d'argumentare, quali tu usurparesti in consolare altrui, que' tutti adduceranno a te stessi molta utilità. Quali forse saranno questi: se uno de' mortali fu quello da cui tu ricevesti ingiuria, - mala cosa la ingiuria, perché mai fu ingiuria sanza vizio, né vizio sanza colpa, - ma el vizio e la ingiuria rimane a lui, ed è non tua, ma sua di chi la fece. Se il male è d'altrui, non bisogna ch'e' dogga a te; e se forse furono e' cieli e que' ministri della volontà di Dio, quali e' teologi antiqui appellavano dii, quelli che così t'addussero in calamità, accettalo in miglior parte, quando tanti beni ricevesti da loro, quali per loro natura sempre furono benefici e liberali e cupidi di vederti migliore. Aggiugni che sempre fu officio de' prudenti provedere a sé che nulla gli oppressi. E simile sempre fu officio d'animo forte soffrire qualunque cosa avvenga avversa. Voglio ne' tuoi mali invochi aito da Dio. Ma non voglio in questo t'abbandoni e diati a intendere non potere in te di te quello che tu puoi. Resta, quando che sia, sollicitare gli dii con tanti tuoi voti e chieste. Eccita in te la tua virtù: Sat sit mens sana in corpore sano. La mente nostra sarà sana quanto la vorremo esser sana. La fortuna buona ben possiamo appetere dagli dii. Ma da noi conviensi chiedere la virtù, da noi, dal nostro studio, da nostra diligenza impetreremo sapienza, ornamenti d'animo e lode di ben composta mente. Chiederai ne' tuoi casi avversi forse dagli dii sapienza e virtù, subito ti si presentarà la prudenza, quale a te veterà perseverare in questo tuo condolerti, onde a te niuno resulti profitto; ed eccoti colla prudenza insieme la temperanza, a quale null'agrada ogni tuo fatto e detto immoderato e non maturissimo. E in prima la giustizia, lume e splendore di tutte le virtù, e accusa e appellasi deserta da te, dove tu così quasi in pruova degeneri dalla virilità e dal giusto e retto stato di ben vivere, abbandonando te stessi e tuo officio. E alla fortitudine, a cui fastidia ogni tua imbecillità, e vilipende qualunque sia cosa non eccelsa ed erta, come sarai tu bene accetto, mentre che tu giacerai in solitudine e in umbra, marcendo te stessi? Sollievati adunque omai, e aita te stessi, e adattati a vincere, e vincerai per tua virtù quando vorrai, e aiteratti a vincere chi tu meno credi. Questa tua fortuna avversa t'insegnerà essere paziente; la pazienza confermerà la virilità, e colla virilità si vince, e vincendo in ogni milizia si diventa fortissimo e insuperabile.




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