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Leon Battista Alberti Profugiorum ab aerumna Libri III IntraText CT - Lettura del testo |
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Alcuni da natura sono suspiziosi, acerbi, proni ad iracundia. Voglionsi schifare, però che come l'altrui incendio scalda e' nostri prossimi parieti, così l'altrui infiammata ira nuoce a chi, e cedendoli e vitandoli, non se allontana. E sopratutto que' che sono inerti, oziosi e insieme lascivi e prosecutori delle voglie sue. E in prima si voglion fuggire e' raportatori, e massime e' bugiardi, que' potissime che sono versuti e callidi; da qual sorte di gente mai ti resterà se non che lagnarti e indegnarti. E con tutti conviensi esser tardi al credere e persuaderti ch'ogni uomo sia buono. E chi ti referisce male d'altri, quasi protesta non amarlo; e chi non ama chi tu reputi buono, mostra te essere imprudente iudicatore delle altrui virtù, e d'altra parte mostra sé esser non buono. Non si li vuol credere. Per gli orecchi, dicono, entra la sapienza; ma e ancora indi, non meno che per gli occhi, entra perturbazione e tempesta non poca a' nostri animi. Adunque otturiàngli. Fu chi volle viver cieco per meglio filosofare e per non vedere d'ora in ora cose quale lo distraessero dalle sue ottime cogitazioni e distogliessero dalle continue sue investigazioni di cose occultissime e rarissime. Non ardirei biasimare tanto filosofo, ma né ancora saprei imitarlo. Più mi diletterebbe quel Cotis principe a cui recita Plutarco che fu presentato alcuni vasi di terra bellissimi e lavorati con figure e cornici maravigliose; el quale accettò el dono con ogni grazia, e molto gli mirò e lodò, poi gli ruppe per non avere a crucciarsi se un de' suoi forse gli avesse lui rotti. Così noi; e faremo come a Vinegia que' che seggono iudici a' litigi: quando e' si consigliano per pronunziare la sentenza, oppongono una tavoletta, e ivi dopo iunti e' capi si consigliano. Noi per intercluderci e nasconderci da molte inezie e fastidi del volgo e degli insolenti, ne opporremo el libro in quale occupati acquiesceremo. E poi che oggi così si vive che nulla si fa o dice non fitto e simulato, prima ne consiglieremo e col tempo e con noi stessi quanto sia da credere o refutare ogni altrui parola o fatto; e delle nostre saremo massai più che di cosa alcuna, però che la parola uscita mai si può revocare: se taci, sempre puoi non tacere. Sentenza d'Ippocrates: el tacer non dà sete. Né qui ancora mi stendo in raccontare come la natura oppose due valli e siepi alle parole nostre, denti e labbra; all'udire diede due aperte vie e patentissime. Piaceracci adunque ubidire la natura: udiremo di qua e di qua; el parlare nostro lo riconosceremo datoci non per detraere, non per eccitar discordie e danno ad altri, ma per commutare nostri affetti, nostri sensi e cognizione a bene e beato vivere. |
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