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Giovanni Pascoli Myricae IntraText CT - Lettura del testo |
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Dava moglie la Rana al suo figliolo. Or con la pace vostra, o raganelle, suon lo chiese ad un cantor del brolo.
Egli cantò: la cobbola giuliva parve un picchierellar trito di stelle nel ciel di sera, che ne tintinniva.
Le campagne addolcì quel tintinnio e i neri boschi fumiganti d’oro. tiò tiò tiò tiò tiò tiò tiò tiò tiò
È notte: ancora in un albor di neve sale quest’inno come uno zampillo; quando la Rana chiede, quanto deve:
se quattro chioccioline, o qualche foglia d’appio o voglia un mazzuolo di serpillo, o voglia un paio di bachi, o ciò che voglia.
Oh! rispos’egli: nulla al Rosignolo, nulla tu devi delle sue cantate: ei l’ha per nulla e dà per nulla: solo, si l’ascoltate e poi non gracidate.
Al lume della luna ogni ranocchia gracidò: Quanta spocchia, quanta spocchia!
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