30. IN CAMMINO.
Siede sopra una pietra
del cammino,
a notte fonda, nel
nebbioso piano:
e tra la nebbia
sente il pellegrino
le foglie secche
stridere pian piano:
il cielo geme,
immobile, lontano,
e l’uomo pensa: Non
sorgerò più.
Pensa: un occhiata
quale passeggero,
vana, ha gettata a
passeggero in via,
è la sua vita, e
impresse nel pensiero
l’orma che lascia
il sogno che s’oblia;
un’orma lieve, che
non sa se sia
spento dolore o
gioia che non fu.
Ed ecco - quasi
sopra la sua tomba
siede, tra
l’invisibile caduta -
passa uno squillo
tremulo di tromba
che tra la nebbia, nel
passar, saluta;
squillo che viene
d’oltre l’ombra muta,
d’oltre la nebbia:
di più su: più su,
dove serene
brillano le stelle
sul mar di nebbia,
sul fumoso mare
in cui t’allunghi
in pallide fiammelle
tu, lento Carro, e
tu, Stella polare,
passano squilli
come di fanfare,
passa un nero
triangolo di gru.
Tra le serene
costellazïoni
vanno e la nebbia
delle lande strane;
vanno incessanti a
tiepidi valloni,
a verdi oasi, ad
isole lontane,
a dilagate cerule
fiumane,
vanno al misterïoso
Timbuctù.
Sono passate . . .
Ma la testa alzava
dalla sua pietra
intento il pellegrino
a quella voce, e
tra la nebbia cava
riprese il suo
bordone e il suo destino:
tranquillamente
seguitò il cammino
dietro lo squillo
che vanìa laggiù.
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