3. RICORDI.
Sempre un villaggio,
sempre una campagna
mi ride al cuore (o
piange), Severino:
il paese ove,
andando, ci accompagna
l’azzurra vision di
San Marino:
sempre mi torna al
cuore il mio paese
cui regnarono Guidi
e Malatesta,
cui tenne pure il
Passator cortese,
re della strada, re
della foresta.
Là nelle stoppie
dove singhiozzando
va la tacchina con
l’altrui covata,
presso gli stagni
lustreggianti, quando
lenta vi guazza
l’anatra iridata,
oh! fossi io teco;
e perderci nel verde,
e di tra gli olmi,
nido alle ghiandaie,
gettarci l’urlo che
lungi si perde
dentro il meridiano
ozio dell’aie;
mentre il villano
pone dalle spalle
gobbe la ronca e
afferra la scodella,
e ‘1 bue rumina
nelle opache stalle
la sua laborïosa
lupinella.
Da’ borghi sparsi le
campane in tanto
si rincorron coi
lor gridi argentini:
chiamano al rezzo,
alla quiete, al santo
desco fiorito
d’occhi di bambini.
Già m’accoglieva in
quelle ore bruciate
sotto ombrello di
trine una mimosa,
che fioria la mia
casa ai dì d’estate
co’ suoi pennacchi
di color di rosa;
e s’abbracciava per
lo sgretolato
muro un folto
rosaio a un gelsomino;
guardava il tutto
un pioppo alto e slanciato,
chiassoso a giorni
come un biricchino.
Era il mio nido:
dove immobilmente,
io galoppava con
Guidon Selvaggio
e con Astolfo; o mi
vedea presente
l’imperatore
nell’eremitaggio.
E mentre aereo mi
poneva in via
con l’ippogrifo pel
sognato alone,
o risonava nella
stanza mia
muta il dettare di
Napoleone;
udia tra i fieni
allor allor falciati
da’ grilli il verso
che perpetuo trema,
udiva dalle rane
dei fossati
un lungo
interminabile poema.
E lunghi, e
interminati, erano quelli
ch’io meditai,
mirabili a sognare:
stormir di frondi,
cinguettio d’uccelli,
risa di donne,
strepito di mare.
Ma da quel nido,
rondini tardive,
tutti tutti
migrammo un giorno nero;
io, la mia patria
or è dove si vive:
gli altri son poco
lungi; in cimitero.
Così più non verrò
per la calura
tra que’ tuoi
polverosi biancospini,
ch’io non ritrovi
nella mia verzura
del cuculo ozïoso i
piccolini,
Romagna solatia,
dolce paese,
cui regnarono Guidi
e Malatesta;
cui tenne pure il
Passator cortese,
re della strada, re
della foresta.
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