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Giovanni Pascoli Myricae IntraText CT - Lettura del testo |
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30. IN CAMMINO. Siede sopra una pietra del cammino, a notte fonda, nel nebbioso piano: e tra la nebbia sente il pellegrino le foglie secche stridere pian piano: il cielo geme, immobile, lontano, e l’uomo pensa: Non sorgerò più.
Pensa: un occhiata quale passeggero, vana, ha gettata a passeggero in via, è la sua vita, e impresse nel pensiero l’orma che lascia il sogno che s’oblia; un’orma lieve, che non sa se sia spento dolore o gioia che non fu.
Ed ecco - quasi sopra la sua tomba siede, tra l’invisibile caduta - passa uno squillo tremulo di tromba che tra la nebbia, nel passar, saluta; squillo che viene d’oltre l’ombra muta, d’oltre la nebbia: di più su: più su,
dove serene brillano le stelle sul mar di nebbia, sul fumoso mare in cui t’allunghi in pallide fiammelle tu, lento Carro, e tu, Stella polare, passano squilli come di fanfare, passa un nero triangolo di gru.
Tra le serene costellazïoni vanno e la nebbia delle lande strane; vanno incessanti a tiepidi valloni, a verdi oasi, ad isole lontane, a dilagate cerule fiumane, vanno al misterïoso Timbuctù.
Sono passate . . . Ma la testa alzava dalla sua pietra intento il pellegrino a quella voce, e tra la nebbia cava riprese il suo bordone e il suo destino: tranquillamente seguitò il cammino dietro lo squillo che vanìa laggiù.
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