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Giovanni Pascoli Myricae IntraText CT - Lettura del testo |
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31. ULTIMO SOGNO. Da un immoto fragor di carrïaggi ferrei, moventi verso l’infinito tra schiocchi acuti e fremiti selvaggi... un silenzio improvviso. Ero guarito.
Era spirato il nembo del mio male in un alito. Un muovere di ciglia; e vidi la mia madre al capezzale: io la guardava senza meraviglia.
Libero!... inerte sì, forse, quand’io le mani al petto sciogliere volessi: ma non volevo. Udivasi un fruscio sottile, assiduo, quasi di cipressi;
quasi d’un fiume che cercasse il mare inesistente, in un immenso piano: io ne seguiva il vano sussurrare, sempre lo stesso, sempre più lontano.
- Fine -
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