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Giovanni Pascoli
Canti di Castelvecchio

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    • 27. LA VITE.
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27. LA VITE.

 

 

Or che il cucco forse è vicino,

mentre i peschi mettono il fiore,

cammino, e mi pende all'uncino

la spada dell'agricoltore.

Il pennato porto, ché odo

già la prima voce del cucco...

cu... cu... io rispondo a suo modo:

mi dice ch'io cucchi, e sì, cucco.

Sì, ti cucco, vite, ché sento

già nel sole stridere l'api:

ti taglio ogni vecchio sarmento,

ti lascio tre occhi e due capi.

O che piangi, vite gentile,

perché al vento stai nuda nata?

Se anch'io tra i fioretti d'aprile

sembravo una vite tagliata!

Piangi quello che ti si toglie?

Ma ti cucco, taglio ed accollo,

perché, quando cadon le foglie,

tu abbia un tuo qualche grispollo!

O mia vite... no, o mia vita,

così torta meglio riscoppi!

E poi... com'è buono, alle dita,

l'odore di gemme di pioppi!

E parlare, ritto su loro,

col venuto di dal mare,

chiedendogli, in mezzo al lavoro,

quant'anni si deve campare!

 

 




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