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Giovanni Pascoli
Canti di Castelvecchio

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    • 37. IL PASSERO SOLITARIO.
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37. IL PASSERO SOLITARIO.

 

O dolce usignolo che ascolto

(non sai dove), in questa gran pace

cantare cantare tra il folto,

, dei sanguini e delle acace;

t'ho presa - perdona, usignolo -

una dolce nota, sol una,

ch'io canto tra me, solo solo,

nella sera, al lume di luna.

E pare una tremula bolla

tra l'odore acuto del fieno,

un molle gorgoglio di polla,

un lontano fischio di treno...

Chi passa, al morire del giorno,

ch'ode un fischio lungo laggiù

riprende nel cuore il ritorno

verso quello che non è più.

Si trova al nativo villaggio,

vi ritrova quello che c'era:

l'odore di mesi-di-maggio

buon odor di rose e di cera.

Ne ronzano le litanie,

come l'api intorno una culla:

ci sono due vocipie!

di sua madre e d'una fanciulla.

Poi fatto silenzio, pian piano,

nella nota mia, che t'ho presa,

risente squillare il lontano

campanello della sua chiesa.

Riprende l'antica preghiera,

ch'ora ora non ha perché;

si trova con quello che c'era,

ch'ora ora ora non c'è...

..........................................

Chi sono? Non chiederlo. Io piango,

ma di notte, perch'ho vergogna.

O alato, io qui vivo nel fango.

Sono un gramo rospo che sogna.

 





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