58. LA CAVALLA STORNA.
Nella Torre il
silenzio era già alto.
Sussurravano i
pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni
alle lor poste
frangean la biada
con rumor di croste.
Là in fondo la
cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su
la salsa spiaggia;
che nelle froge
avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli
negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia
un gomito, da essa
era mia madre; e le
dicea sommessa:
«O cavallina,
cavallina storna,
che portavi colui
che non ritorna;
tu capivi il suo
cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un
figlio giovinetto;
il primo d'otto tra
miei figli e figlie;
e la sua mano non
toccò mai briglie.
Tu che ti senti ai
fianchi l'uragano,
tu dài retta alla
sua piccola mano.
Tu ch'hai nel cuore
la marina brulla,
tu dài retta alla
sua voce fanciulla».
La cavalla volgea
la scarna testa
verso mia madre,
che dicea più mesta:
«O cavallina,
cavallina storna,
che portavi colui
che non ritorna;
lo so, lo so, che
tu l'amavi forte!
Con lui c'eri tu
sola e la sua morte.
O nata in selve tra
l'ondate e il vento,
tu tenesti nel
cuore il tuo spavento;
sentendo lasso
nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu
premesti il corso:
adagio seguitasti
la tua via,
perché facesse in
pace l'agonia...»
La scarna lunga
testa era daccanto
al dolce viso di
mia madre in pianto.
«O cavallina,
cavallina storna,
che portavi colui
che non ritorna;
oh! due parole egli
dové pur dire!
E tu capisci, ma
non sai ridire.
Tu con le briglie
sciolte tra le zampe,
con dentro gli
occhi il fuoco delle vampe,
con negli orecchi
l'eco degli scoppi,
seguitasti la via
tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il
morir del sole,
perché udissimo noi
le sue parole».
Stava attenta la
lunga testa fiera.
Mia madre
l'abbracciò su la criniera
«O cavallina,
cavallina storna,
portavi a casa sua
chi non ritorna!
a me, chi non
ritornerà più mai!
Tu fosti buona...
Ma parlar non sai!
Tu non sai,
poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi
dirmi una una cosa!
Tu l'hai veduto
l'uomo che l'uccise:
esso t'è qui nelle
pupille fise.
Chi fu? Chi è? Ti
voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio
t'insegni, come».
Ora, i cavalli non
frangean la biada:
dormian sognando il
bianco della strada.
La paglia non
battean con l'unghie vuote:
dormian sognando il
rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel
gran silenzio un dito:
disse un nome...
Sonò alto un nitrito.
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