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Giovanni Pascoli
Canti di Castelvecchio

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    • 59. IN RITARDO.
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59. IN RITARDO.

 

E l'acqua cade su la morta estate,

e l'acqua scroscia su le morte foglie;

e tutto è chiuso, e intorno le ventate

gettano l'acqua alle inverdite soglie;

e intorno i tuoni brontolano in aria;

se non qualcuno che rotola giù.

Apersi un poco la finestra: udii

rugliare in piena due torrenti e un fiume;

e mi parve d'udir due scoppiettìi

e di vedere un nereggiar di piume.

O rondinella spersa e solitaria,

per questo tempo come sei qui tu?

Oh! non è questo un temporale estivo

col giorno buio e con la rosea sera,

sera che par la sera dell'arrivo,

tenera e fresca come a primavera,

quando, trovati i vecchi nidi al tetto,

li salutava allegra la tribù.

Se n'è partita la tribù, da tanto!

tanto, che forse pensano al ritorno,

tanto, che forse già provano il canto

che canteranno all'alba di quel giorno:

sognano l'alba di San Benedetto

nel lontano Baghirmi e nel Bornù.

E chiudo i vetri. Il freddo mi percuote,

l'acqua mi sferza, mi respinge il vento.

Non più gli scoppiettìi, ma le remote

voci dei fiumi, ma sgrondare io sento

sempre più l'acqua, rotolare il tuono,

il vento alzare ogni minuto più.

E fuori vedo due ombre, due voli,

due volastrucci nella sera mesta,

rimasti qui nel grigio autunno soli,

ch'aliano soli in mezzo alla tempesta:

rimasti addietro il giorno del frastuono,

delle grida d'amore e gioventù.

Son padre e madre. C'è sotto le gronde

un nido, in fila con quei nidi muti,

il lor nido che geme e che nasconde

sei rondinini non ancor pennuti.

Al primo nido già toccò sventura.

Fecero questo accanto a quel che fu.

Oh! tardi! Il nido ch'è due nidi al cuore,

ha fame in mezzo a tante cose morte;

e l'anno è morto, ed anche il giorno muore,

e il tuono muglia, e il vento urla più forte,

e l'acqua fruscia, ed è già notte oscura,

e quello ch'era non sarà mai più.

 




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