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Giovanni Pascoli
Canti di Castelvecchio

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    • 18. LA TOVAGLIA.
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18. LA TOVAGLIA.

 

Le dicevano: - Bambina!

che tu non lasci mai stesa,

dalla sera alla mattina,

ma porta dove l'hai presa,

la tovaglia bianca, appena

ch'è terminata la cena!

Bada, che vengono i morti!

i tristi, i pallidi morti!

Entrano, ansimano muti.

Ognuno è tanto mai stanco!

E si fermano seduti

la notte intorno a quel bianco.

Stanno lì sino al domani,

col capo tra le due mani,

senza che nulla si senta,

sotto la lampada spenta. -

È già grande la bambina:

la casa regge, e lavora:

fa il bucato e la cucina,

fa tutto al modo d'allora.

Pensa a tutto, ma non pensa

a sparecchiare la mensa.

Lascia che vengano i morti,

i buoni, i poveri morti.

Oh! la notte nera nera,

di vento, d'acqua, di neve,

lascia ch'entrino da sera,

col loro anelito lieve;

che alla mensa torno torno

riposino fino a giorno,

cercando fatti lontani

col capo tra le due mani.

Dalla sera alla mattina,

cercando cose lontane,

stanno fissi, a fronte china,

su qualche bricia di pane,

e volendo ricordare,

bevono lagrime amare.

Oh! non ricordano i morti,

i cari, i cari suoi morti!

- Pane, sì... pane si chiama,

che noi spezzammo concordi:

ricordate?... È tela, a dama:

ce n'era tanta: ricordi?...

Queste?... Queste sono due,

come le vostre e le tue,

due nostre lagrime amare

cadute nel ricordare! -

 

 




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