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Giovanni Pascoli
Canti di Castelvecchio

IntraText CT - Lettura del testo

    • 32. L'USIGNOLO E I SUOI RIVALI.
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32. L'USIGNOLO E I SUOI RIVALI.

 

Egli coglieva ed ammucchiava al suolo

secche le foglie del suo marzo primo

(era il suo nuovo marzo), il rosignolo,

per farsi il nido. E gorgheggiava in tanto

tutto il gran giorno; e dolce più del timo

e più puro dell'acqua era il suo canto.

Cantava, quando, per le valli intorno,

cu... cu... sentì ripetere, cu... cu...

Ecco: al cuculo egli cedette il giorno,

e di giorno non volle cantar più.

Non più di giorno. Ma la notte! Appena

la luna estiva, di tra l'alabastro

delle rugiade, tremolò serena,

riprese il verso; e d'ora in poi soltanto

cantava a notte; e lucido com'astro

e soave com'ombra era il suo canto.

Cantava, quando, da non so che grotte,

sentì gemere, chiù... piangere, chiù...

All'assiuolo egli lasciò la notte,

anche la notte; e non cantò mai più.

Or né canta né ode: abita presso

il brusìo d'una fonte e d'un cipresso.

 

 





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