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Giovanni Pascoli
Canti di Castelvecchio

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    • 10. NOTTE D'INVERNO.
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10. NOTTE D'INVERNO.

 

Il Tempo chiamò dalla torre

lontana... Che strepito! È un treno

là, se non è il fiume che corre.

O notte! Né prima io l'udiva,

lo strepito rapido, il pieno

fragore di treno che arriva;

sì, quando la voce straniera,

di bronzo, me chiese; sì, quando

mi venne a trovare ov'io era,

squillando squillando

nell'oscurità.

Il treno s'appressa... Già sento

la querula tromba che geme,

là, se non è l'urlo del vento.

E il vento rintrona rimbomba,

rimbomba rintrona, ed insieme

risuona una querula tromba.

E un'altra, ed un'altra. - Non essa

m'annunzia che giunge? - io domando.

- Quest'altra! - Ed il treno s'appressa

tremando tremando

nell'oscurità.

Sei tu che ritorni. Tra poco

ritorni, tu, piccola dama,

sul mostro dagli occhi di fuoco.

Hai freddo? paura? C'è un tetto,

c'è un cuore, c'è il cuore che t'ama

qui! Riameremo. T'aspetto.

Già il treno rallenta, trabalza,

sta... Mia giovinezza, t'attendo!

Già l'ultimo squillo s'inalza

gemendo gemendo

nell'oscurità...

E il Tempo lassù dalla torre

mi grida ch'è giorno. Risento

la tromba e la romba che corre.

Il giorno è coperto di brume.

Quel flebile suono è del vento,

quel labile tuono è del fiume.

È il fiume ed è il vento, so bene,

che vengono vengono, intendo,

così come all'anima viene,

piangendo piangendo,

ciò che se ne va.

 





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