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Giovanni Pascoli
Poemi del Risorgimento

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  • Inno a Roma.
    • IL PRIMO EROE.
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IL PRIMO EROE.

 

Chi per te primo, immensamente amata,

cercò la morte? Fu nella penombra

dei tempi, grande, lungo il Tebro, un pianto.

L'eroe Pallante era caduto. Offerse

l'àlbatro il bianco de' suoi fiori, il rosso

delle sue bacche e le immortali fronde.

Gli fu tessuto il letto di quei rami

de' tre colori, e furono compagni

mille al fanciullo nel ritorno a casa.

E fisi in quella bara tricolore

i mille eroi con le possenti mani

premean le spade; ed era in esse il fato.

Oh! ma che pianto fu così tornando

al vecchio padre! Era suo padre un vecchio

povero re, dalla silvestra reggia.

Fauno, il suo nome; ed abitava i sassi

del Palatino, tra le antiche selve

misteriose. E tu non eri, o Roma.

Anzi per il rupestre Campidoglio

eran macerie già muscose, e bianchi

ruderi sparsi si vedean tra i folti

cespugli del Gianicolo: rovine

di due città vinte dal tempo; ed ora

quelle rovine trite e sonnolente

empiva a volte del suo rauco augurio

lo stuol de' corvi. E Fauno avea per reggia

una capanna piccola, coperta

di felci e stoppia. E guardie sulla soglia

avea due cani, che correndo innanzi

bandìan, lieti abbaiando, il suo ritorno.

Al re non tromba dividea la notte

buia in vigilie: gli diceva - È l'alba -

di sul colmigno il passero, e la rondine,

anche più presso, gliel garrìa dal trave.

E quindi il tempo portò via quel Fauno

e il suo dolore, e la caduca reggia;

e sul Palazio ignare le giovenche

pascevano, e la valle posta al piede

si mescolava d'un belar d'agnelli.

E se il pastore aveva udito un qualche

urlo di lupi, egli, racchiuso il gregge

in uno speco, s'addormìa tranquillo.

Veniva allora, per le tenebre, una

lupa, e fiutava il chiuso lupercale.

E Fauno, il buono, nelle selve ombrose

cantava il canto delle foglie ai venti,

invisibile. E sulle antiche quercie

picchierellando senza fine il picchio

sacro contava gli anni tanti, gli anni

tardi a venne.

 




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