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Giovanni Pascoli Poemi del Risorgimento IntraText CT - Lettura del testo |
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Il pazïente aratro col suo coltro, allora, più splendente della spada, prendeva a forza, con ferite a fondo, la terra; e il Tebro che lambiva il colle con l'acque torbe, vie più alto un suono mettea chiamando l'anima dei forti: «Oh! voi, che aprite con un rostro adunco la terra, omai la prora che toglieste alla mia nave, a lei rendete, o figli; ed ora in me, con quella ch'è il mio coltro, segnate un lungo solco sino al mare, sino al gran mare, azzurro e piano; e oltre! Bene avverrà!» Così diceva il Tebro con l'incessante murmure; ma il vento di primavera dal lontano lido, sempre più forte, le narici aperte a lor bagnando de' suoi salsi spruzzi, «Oh! voi che fate una città pastori,» diceva. «eccovi l'atrio, ecco le porte color di cielo, e il limitar che tuona sparso di schiuma dalle larghe ondate. O cittadini, ecco la via già fatta, labile, piana, e ne son pietre i flutti. Dall'urbe uscite: avanti voi c'è l'orbe!» Allor li prese un vago amor dell'onde che sempre vanno a modo de' pastori; di sempre andare e pascolare il mondo.
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