AI DUE GEMELLI.
Fratelli!
O in
pace alfine (come voi chiamasse
il
tempo antico) ora; non già, fratelli,
allora,
anche pugnaci sotto il ventre
della
nutrice vostra lupa fosca:
tante
pendean le poppe, e tra voi d'una
sorgea
contesa, per averla entrambi:
voi
che la lupa con la scabra lingua
non
ammansava, ed ammansò la morte:
che
stretti poi con infrangibil patto,
come
la notte è giunta al dì, celesti
cavalcatori,
componete il tempo,
non
interrotto, con la luce e l'ombra;
su!
le criniere v'attorcete in mano,
saltate
su, lanciateli: da tanto
hanno
i cavalli l'émpito nel cuore!
Al
lor ritorno avvinti per le briglie
alle
colonne vostre, dagli augusti
ruderi
il loglio antico pasceranno.
Ma
ora andate a rivedere i campi
delle
legioni, a riveder le terre
onde
v'avvenne riportare il nunzio
della
vittoria. Si combatte ancora
con
ferro e fuoco. Sono le coorti
d'allora;
al ciclo va la polvere, alto
suona
il fragore. Colmano bassure,
piantano
i valli, sfanno i colli, occulte
forano
vie per entro le montagne.
Sono
picconi l'armi nostre. Andate
propiziando!
il Popolo pilumno
pensi
i trionfi che menò, le leggi
che
fece, il dritto che impartì, la pace
che
diede, e allievi il suo lungo lavoro
d'oggi
con la sua gloria veterana.
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