IL GRANDE SEPOLCRO.
E fu
silenzio dentro le muraglie
sacre,
e il pomerio grande ora cingeva
grande
un sepolcro. E il sole che la vide
tacita,
a poco a poco calò, lento
sfiorando
con un alito di luce
le
cupole e i lunghissimi obelischi;
e
poi nel trarre fuori il dì, tentando
invano
di svegliarla dal gran sonno,
stupiva
di vederla altra e la stessa.
Suono
non v'era se non d'improvviso
crollo
di muro o il tonfo di finestre,
cui
si provava di serrare il vento.
Talvolta
andando e riandando i corvi,
gracchianti,
a stormo, quel letargo strano
scotean,
nell'ira, d'uomini e di cose.
E
molti discendean dall'Aventino
foschi
avvoltoi, che ripetean l'augurio
natale,
in alto, sulla città morta.
E
poi notturna i cuccioli la volpe
guidava,
e le basiliche del Foro
cauta
girava e le colonne antiche.
E
dopo i lunghi secoli le lupe
del
tempo primo vennero, cercando
gli
antri per l'alte sedi imperïali.
Parean,
destati dal lor sonno i templi,
aperti
stare, stare ed aspettare
i
sacerdoti immemori. Giaceva,
abbandonata
per i sette monti,
Roma.
E le acquate assidue la battono
e le
raffiche rapide del vento,
e la
fiammante folgore del cielo
ormai
fa divampare il rogo.
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