A FLORA.
Flora!
madre dei fiori, o tu cui sempre
è
primavera, o tu che per le genti
immense
hai sparso il nuvolo dei semi,
la
Terra aiuta! Questa pia saturnia
terra
produca in maggior copia i frutti
che
già versava dal fecondo grembo.
Nutra
di sé quelli che già nutriva,
armenti
e greggi, e tornino gli uccelli,
ormai
spariti, a liberare i campi,
e per
i campi floridi echeggiare
facciano
la dolcezza del lor canto.
Alle
mammelle opime della Terra
sugga
una prole più gagliarda il latte
e
insiem col latte la virtù romana;
ed
ogni mare solchi ed ogni terra
calchi,
anche il cielo navighi, sembrando
candidi
stormi di canori cigni.
La
tua città non lasciar più che cinta
sia
di deserti e verdi acque muggenti
del
torvo bue selvaggio che vi guazza.
Riguarda
quei villaggi di capanne,
quelle
capanne squallide di stoppia,
o
Flora! Dunque non distrusse il fuoco
de'
primi dì tutti i tuguri? Dunque
non toccò
tutti gli uomini il Diritto
con
la sua verga? Guarda: sono schiavi,
sotto
le bestie! Rendi a quei meschini,
o
Flora, il suo; liberatrice abbraccia
quelli
spogliati; e per sé solo, o Flora,
raccolga
chi le seminò, le messi,
come
allorquando si lasciava a mezzo
solco
l'aratro e s'assumeano i fasci.
Rinnova
l'arte antica, cingi al capo
l'antico
serto e fa che mai non cada
l'inno
di gloria che beò l'Italia.
Sian,
per i colli, glauchi olivi e verdi
viti,
e di spighe rigogliose ondeggi
la
valle immensa. E fiacchino la forza
del
vento e il nembo struggitor le selve
veglianti
a guardia sul cigliar dei monti.
Il
Rubicone, ecco, già bianchi ammira
enormi
tori. Egli che vede andare
per
la campagna tante paia e vede
da
dieci bovi tratto un solo aratro,
egli
che già non obliò nel sonno
le
bronzee file della forte Alauda,
pensa
all'imperio, a Cesare, ai trionfi.
Noi
non l'imperio, non i cortei lunghi
di
quei trionfi a te chiediamo. Un'Ara
abbiamo,
e noi, di Pace, eretta, o Flora.
I
fiori dà color di sangue ogni anno
(solo
nei fiori tu il color di sangue
lodi
e nel casto viso di fanciulle:
miele,
olio, vino, o Flora, ami; non sangue),
dà
le memori foglie dell'acanto
per
adornar quest'ara. Alto nel mezzo
noi
collocammo in una vampa d'oro
chi
la portò; questa concordia augusta.
E quanti
ancora col lor sangue, eccelsi
spiriti,
questa pace e questa patria
fecero
a noi, là stanno. E sono, o Flora,
la
messe tua che cade sì, ma sempre
nuova
nei lunghi secoli germoglia.
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