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Giovanni Pascoli
Poemi del Risorgimento

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  • Inno a Torino.
      • V.
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V.

 

Accampamento fatto a piè del monte

già dal grifagno Cesare ai futuri

figli d'Italia, o tempio dei vessilli,

o ara donde il Console gli augùri

prendeva, augusti, col nemico a fronte!

 

Per guerre, qui di secoli lontani,

erano poste le aquile dell'oro;

qui ripetea la bùccina i suoi squilli

brevi, che un coro ricevea canoro

di trombe e il busso dei timpani vani.

 

Qui sempre il suolo trito di stridenti

plaustri, qui di concordi ferree péste.

Erano le coorti e le legioni.

Qui si guardava la purpurea veste

da dar, sull'alba della pugna, ai venti.

 

Qui sempre avvenne di mirar le squadre

dei fluttuanti veliti e il tumulto

delle torme dai quadruplici tuoni;

qui sempre alcun triario, come sculto,

star tra' novelli: - Narra dunque, o padre! -

 

Perché accampato in questo accampamento

era un ultimo esercito romano.

La sua milizia era infinita e dura.

Esso tra il monte s'attendava e il piano,

fedele ad un antico giuramento.

 

Scórsero gli anni e i secoli. Ed armato

esso aspettava di ritornar, quando

fosse chiamato, sotto quelle mura.

Aspettò qui per secoli, il comando;

ma Roma ve l'avea dimenticato.

 

Bianchi frattanto, sotto il muschio e i pruni,

marmi e colonne e lapidi, grandi orme

della gran madre, archi e sepolcri infranti,

vedeano intorno, e dure austere forme,

stele di primipili e di tribuni.

 

Vedean già rotti ancor salire al monte

archi che l'acque conduceano al basso.

Parean lontane file di giganti,

d'ardui giganti, i quali passo passo

salìan con l'urne, un dopo l'altro, al fonte.

 

E custodìano, nel domar la rude

terra, l'antica arte e l'antico onore

dei forti aratri e delle industri falci.

Ondeggia il campo di frumento in fiore,

di verdi steli ondeggia la palude!

 

Verdi, i bei campi, verdi, le canore

acque, ma più sorridono i giocondi

clivi con l'ampio serpeggiar dei tralci,

donde i purpurei calici ed i biondi,

che dànno gioia o dànno forza al cuore.

 

L'un vino, austero per gli austeri, ed abbia

lode dai forti. L'altro poi s'effonde

aureo nell'ampio calice iridato

col tremolante mormorio dell'onde

cui, vasta, succhia, nel tornar, la sabbia.

 

Ma l'uno e l'altro, è bello, tra i nepoti

e i dolci amici, nella patria terra,

bere in convito parco, ove l'armato

deposte l'armi narri della guerra

e sciolga, salvo e di sé pago, i voti.

 




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