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Giovanni Pascoli
Poemi del Risorgimento

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  • Inno a Torino.
      • VII.
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VII.

 

E voi cantate - ché la madre Italia

non altre voci ode al cuor suo più care -

cantate dunque: Italia! Italia! Italia!

 

Gracili voci: ma da queste pare

balzar l'eco di quelle dei grandi avi:

marcie, comandi, cariche, fanfare.

 

Dite, o fanciulli e vergini soavi,

l'Italia ch'ora è su lontane sponde:

la Patria: itale tende, itale navi.

 

Forse il gabbier ch'esplora ciò che asconde

la notte e il flutto, in mezzo al ciel sospeso,

sopra l'oscuro murmure dell'onde;

 

forse il vegliante bersaglier, che, teso

l'Occhio nel buio, tra' palmizi esplora

un guizzo spento prima ancor che acceso;

 

alzano il capo a quel trillar d'aurora,

levano gli occhi all'improvvisa romba,

all'improvvisa nuvola canora.

 

- Era sepolta; e il nome sulla tomba

era la lode simile ad oltraggio:

ma balzò su, come ad un suon di tromba.

 

Balzò, sbocciò, come un fiorir di maggio.

Ecco, sublime con la spada in mano,

al mondo chiede il suo grande retaggio.

 

Ogni straniero ella cacciò lontano,

ogni barbarie, gli altrui mali e i suoi,

e il suo destino strinse a sé, romano. -

 

Per onde e sabbie i giovinetti eroi

in sentinella, dànno il «Chi va ?».

- Quella ch'è dietro voi, ch'è innanzi voi,

 

ch'è sopra voi: l'Italia, eroi, che va! -

 

 




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