VII.
E
voi cantate - ché la madre Italia
non
altre voci ode al cuor suo più care -
cantate
dunque: Italia! Italia! Italia!
Gracili
voci: ma da queste pare
balzar
l'eco di quelle dei grandi avi:
marcie,
comandi, cariche, fanfare.
Dite,
o fanciulli e vergini soavi,
l'Italia
ch'ora è su lontane sponde:
la
Patria: itale tende, itale navi.
Forse
il gabbier ch'esplora ciò che asconde
la
notte e il flutto, in mezzo al ciel sospeso,
sopra
l'oscuro murmure dell'onde;
forse
il vegliante bersaglier, che, teso
l'Occhio
nel buio, tra' palmizi esplora
un
guizzo spento prima ancor che acceso;
alzano
il capo a quel trillar d'aurora,
levano
gli occhi all'improvvisa romba,
all'improvvisa
nuvola canora.
-
Era sepolta; e il nome sulla tomba
era
la lode simile ad oltraggio:
ma
balzò su, come ad un suon di tromba.
Balzò,
sbocciò, come un fiorir di maggio.
Ecco,
sublime con la spada in mano,
al
mondo chiede il suo grande retaggio.
Ogni
straniero ella cacciò lontano,
ogni
barbarie, gli altrui mali e i suoi,
e il
suo destino strinse a sé, romano. -
Per
onde e sabbie i giovinetti eroi
in
sentinella, dànno il «Chi va là?».
-
Quella ch'è dietro voi, ch'è innanzi voi,
ch'è
sopra voi: l'Italia, eroi, che va! -
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