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Giovanni Pascoli
Poemi del Risorgimento

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    • IL TRICOLORE.
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IL TRICOLORE.

 

Nella città che è in mezzo a quattro strade

s'odono molti plaustri cigolare.

Mugliano bovi, squillano campane,

brillano spade, luccicano lancie.

. . . . . . . . . . . . . . . . .

 

 

«Ma non sono le campane e i bovi dei carrocci... Un nuovo giuramento è stretto. Non a Pontida, non nei boschi... Nessun connubio con l'imperatore. Nessun esercito rimarrà o verrà in Italia... La lega, che sta nella sua città di paglia tra la Bormida e il Tanaro, ha inalzata la sua croce... Dove sei imperatore dalla Barba Rossa? Ecco la nuova bandiera... Salutatela, o trombe, o lancie, o bovi, o plaustri! Ella ha i colori nuovi... O tricolore d'Italia! sorto tra il nembo, tra i primi tuoni di primavera, in attesa del re, del primo re d'Italia!... Non ha più i colori del fuoco spento, del fuoco vivo, del fuoco operante... È un'altra. O pianura del Po! o neve dell'Alpi! o rosso dei vulcani! o veste di Beatrice! Per te quanto si morrà! quanti saranno avvolti nelle tue pieghe! Quanti ti avranno sul loro feretro!... In quante battaglie... in quante tempeste!... Non lasciatevela prendere... stracciatela piuttosto... ponetevela sul petto, inabissatevi con lei nei gorghi del mare! - O sacro vessillo! ora deve venire il tuo re. Avanti contro gli stranieri! contro i crocifissori di Prometeo. - O città, nata nell'Aprile, come Roma! asilo di esuli, come Roma! o nata di profughi, come Roma! o subito in guerra, come Roma! Non è dei boschi di carbone la bandiera che tu inalzi, essa viene da più profonde lontananze...»

 

E, così preparato, quanto ce n'è del lavoro! «Possibile, soleva dire, che non debba aver mai un po' d'agio per dedicarmi alla poesia? Ne sono così pieno! ho ancora tutto da fare!» Non tutto, ma tanto sì. E questo tanto doveva dar vita a' suoi sogni d'artista, confortare le grandi ombre, incitare i giovani, e mostrare all'Italia la sua devozione.

Ho voluto accogliere in questo volume, sebbene non appartenga ai Poemi del Risorgimento, anche la versione italiana dell'Inno a Roma e dell'Inno a Torino, perché l'uno e l'altro furono da Lui composti in latino e poi tradotti in italiano negli ultimi mesi di sua vita per onorare e glorificare la sua diletta Italia.

I volumi che avrebbero seguito questo primo (rimasto pur troppo così incompleto) non è difficile imaginare che cosa dovevano contenere. Dal '48 in poi ce n'è della poesia da estrarre dagli avvenimenti della nostra patria! Egli l'aveva vista tutta e si riprometteva di farla vedere anche a noi.

Ed ora? Ora a me non resta che concludere con le parole ch'Egli prepose al principio del primo poema, e associare al suo nome quello del padre suo, ch'Egli voleva tener vivo nei cuori perché vittima invendicata.

 

«X agosto 1910 - Poemi del Risorgimento.

Si comincia il poema a onore e gloria feconda d'Italia, di quell'Italia ch'Egli amò così ardentemente nei «tempi solenni» e che non diede pure uno sguardo di pietà a lui insanguinato e morto, né ai figli di lui, soli e mendichi.

Ebbene?»

 

Perché siano chiare queste parole occorre leggere la seguente lettera:

 

 




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