I.
Ora
egli è solo, tra le lontane acque,
sul
borro solo. A che vegliate in armi
guardando
lui dal Bosco della morte?
Veglia
a' suoi piè l'Oceano, lo guarda
l'Oceano
insonne che notturno canta
per non
dormire, ed asseconda l'onde,
alterne,
eterne. E l'uomo solo ascolta
il
canto e quindi il respirare uguale
del
suo custode steso sulla soglia
rotta,
e ne sente l'umido alito acre,
dalla
invisibile isola, fumosa
d'accavallate
nubi oscure.
Era
per lui quell'isola da quando.
spuntò
sull'ampio ondeggiamento azzurro,
unica.
E il grande Spirito che ancora
irrequieto
errava là, sulle acque,
vi
s'avventò, stette anelando in guato
cinto
di nubi, tra le bronzee rupi.
Esso
attendeva l'Unico: chi fosse
per
dire, nate non trovando ancora
le
sue parole, - Io, come Dio, sono io -,
l'uomo
promesso da che, dopo un grande
scheggiar
di selci, uscì dall'antro il bruto
brandendo
la sua prima scure.
Italia
a lui fu madre. Essa lo fece
del
suo granito dentro i suoi vulcani.
Per
tre millenni lo portò nel grembo.
L'anime
in una ella fondea dei grandi
Cesari,
in una Parte le sue Parti
crudeli,
il ferro degli Sforza e il ferro
dei Buonarroti,
tutte l'arti e l'armi.
Poi,
pieni i tempi, ben temprata al gelo
l'anima,
in sella lo levò, gli pose
le
dee Fortuna e Guerra alle due staffe,
gli
pose il sogno, in mezzo al cuor, di Dante,
e
grave gli mormorò: Va!
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