Or
tra gli smerghi e l'aquile marine
è
là, celato; e raro e breve il sole
s'affaccia
e getta, per vederlo, un raggio:
ché
brama il sole di veder quel pari
a sé
terrestre; ché anche il sole è solo.
Guarda,
e si cela. E non appena il giorno
egli
ha compiuto, subito nel buio
precipita,
né roseo s'indugia
nella
soave ora crepuscolare
a
consolare il cielo d'una blanda
chiarità
ampia che si muta in ombra,
così,
più dolce che la luce.
No:
ch'egli, come il simile terrestre,
precipita.
Se non è dì, sia notte.
E
rare a notte vengono le stelle
vergini,
vengono all'Ignoto ignote,
la
Croce insieme e la Corona australi,
per
veder l'uomo che nella sua mano
tenne
il timone dell'opaca Terra
e
volle unico reggerla sul mare
del
rezzo eterno. Cercano le stelle
quell'Orïone
cacciator di fiere,
armato
d'oro, cercano quel nuovo
divino
pùgile Polluce.
Avea
lottato, il Pùgile, con Dio!
Avea
ghermito una sua stella a Dio!
Volea
rapire una sua stella errante!
la
nera Terra! E l'altre stelle erranti
già
ne' lor pii crepuscoli il pianeta
vedean,
tremando, prigionier d'un uomo;
vedeano
rosso al placido orizzonte
spuntare
il globo, vario di grandi ombre,
soffuso
forse, ogni dì più, di sangue;
nel
cielo ancora ma non più del cielo.
Empia
e sicura al non tuo cielo, o Terra,
montavi
lentamente su.
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