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Giovanni Pascoli Poemi del Risorgimento IntraText CT - Lettura del testo |
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A FLORA.
Flora! madre dei fiori, o tu cui sempre è primavera, o tu che per le genti immense hai sparso il nuvolo dei semi, la Terra aiuta! Questa pia saturnia terra produca in maggior copia i frutti che già versava dal fecondo grembo. Nutra di sé quelli che già nutriva, armenti e greggi, e tornino gli uccelli, ormai spariti, a liberare i campi, e per i campi floridi echeggiare facciano la dolcezza del lor canto. Alle mammelle opime della Terra sugga una prole più gagliarda il latte e insiem col latte la virtù romana; ed ogni mare solchi ed ogni terra calchi, anche il cielo navighi, sembrando candidi stormi di canori cigni. La tua città non lasciar più che cinta sia di deserti e verdi acque muggenti del torvo bue selvaggio che vi guazza. Riguarda quei villaggi di capanne, quelle capanne squallide di stoppia, o Flora! Dunque non distrusse il fuoco de' primi dì tutti i tuguri? Dunque non toccò tutti gli uomini il Diritto con la sua verga? Guarda: sono schiavi, sotto le bestie! Rendi a quei meschini, o Flora, il suo; liberatrice abbraccia quelli spogliati; e per sé solo, o Flora, raccolga chi le seminò, le messi, come allorquando si lasciava a mezzo solco l'aratro e s'assumeano i fasci. Rinnova l'arte antica, cingi al capo l'antico serto e fa che mai non cada l'inno di gloria che beò l'Italia. Sian, per i colli, glauchi olivi e verdi viti, e di spighe rigogliose ondeggi la valle immensa. E fiacchino la forza del vento e il nembo struggitor le selve veglianti a guardia sul cigliar dei monti. Il Rubicone, ecco, già bianchi ammira enormi tori. Egli che vede andare per la campagna tante paia e vede da dieci bovi tratto un solo aratro, egli che già non obliò nel sonno le bronzee file della forte Alauda, pensa all'imperio, a Cesare, ai trionfi. Noi non l'imperio, non i cortei lunghi di quei trionfi a te chiediamo. Un'Ara abbiamo, e noi, di Pace, eretta, o Flora. I fiori dà color di sangue ogni anno (solo nei fiori tu il color di sangue lodi e nel casto viso di fanciulle: miele, olio, vino, o Flora, ami; non sangue), dà le memori foglie dell'acanto per adornar quest'ara. Alto nel mezzo noi collocammo in una vampa d'oro chi la portò; questa concordia augusta. E quanti ancora col lor sangue, eccelsi spiriti, questa pace e questa patria fecero a noi, là stanno. E sono, o Flora, la messe tua che cade sì, ma sempre nuova nei lunghi secoli germoglia.
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