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Giovanni Pascoli Poemi del Risorgimento IntraText CT - Lettura del testo |
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II.La nera Terra lo attendea, tremando già del portento. Ora credé vederlo uscir col capo di sparvier da templi invasi d'ombra e di pensose sfingi, ora passar con mille carri d'oro con suvvi gli archi di barbari arcieri, ora con infiniti dromedari rigar le solitudini sabbiose fulve di sole, ora venir tra un muglio di bovi immenso, qual se al mondo un solo gran mandriano ormai parasse tutti gli armenti e tutti gli armentari.
Non era ancora. O forse era il divino efebo cinto d'ellera che apparve novello eroe con la peliade lancia, or con la cetra or con la face in mano. E no. Forse il Quirite era incedente al misurato passo dei triari, e poi sedente sull'eburnea sella imperïoso pacificatore. Ma no. Non era il re chiomato assiso appiè dell'olmo, l'orifiamma al vento, e giganteschi attorno con le spade ignude i dodici suoi pari.
Ma quando uscì dall'isola selvaggia piccolo, e parve scialbo e glabro in sella; con gli occhi vuoti, vitrei, coi lunghi capelli lisci, simile a nessuno; ed ella udì che ad ogni sosta ansante del suo cavallo rimbombava il tuono: - Sei tu - gridò la nera Terra - alfine! Dimmi il tuo nome! - Ed ella intese il nome dove la fiera si mesceva al dio, donde sonava l'inno dell'eterna cetra del cielo puro ed il ruggito della deserta immensità.
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