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Giovanni Pascoli
Poemi del Risorgimento

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  • Repubblica Romana. Comando civico del comune di San Mauro Nr- 34.
      • II.
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II.

 

La nera Terra lo attendea, tremando

già del portento. Ora credé vederlo

uscir col capo di sparvier da templi

invasi d'ombra e di pensose sfingi,

ora passar con mille carri d'oro

con suvvi gli archi di barbari arcieri,

ora con infiniti dromedari

rigar le solitudini sabbiose

fulve di sole, ora venir tra un muglio

di bovi immenso, qual se al mondo un solo

gran mandriano ormai parasse tutti

gli armenti e tutti gli armentari.

 

Non era ancora. O forse era il divino

efebo cinto d'ellera che apparve

novello eroe con la peliade lancia,

or con la cetra or con la face in mano.

E no. Forse il Quirite era incedente

al misurato passo dei triari,

e poi sedente sull'eburnea sella

imperïoso pacificatore.

Ma no. Non era il re chiomato assiso

appiè dell'olmo, l'orifiamma al vento,

e giganteschi attorno con le spade

ignude i dodici suoi pari.

 

Ma quando uscì dall'isola selvaggia

piccolo, e parve scialbo e glabro in sella;

con gli occhi vuoti, vitrei, coi lunghi

capelli lisci, simile a nessuno;

ed ella udì che ad ogni sosta ansante

del suo cavallo rimbombava il tuono:

- Sei tu - gridò la nera Terra - alfine!

Dimmi il tuo nome! - Ed ella intese il nome

dove la fiera si mesceva al dio,

donde sonava l'inno dell'eterna

cetra del cielo puro ed il ruggito

della deserta immensità.

 




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