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Giovanni Pascoli Poemi del Risorgimento IntraText CT - Lettura del testo |
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III.Ora egli è avvinto all'isola lontana che sola spunta di tra le grandi acque; che, sola tra la serenità calma, è di perpetue nuvole involuta; come se imperversasse una tempesta là, vorticosa, interminabilmente; una tempesta pallida e segreta, incominciata all'albeggiar del mondo. Tutte le nubi erranti per quel cielo dagli alisei sono parate, a branchi, là, con assidui sibili, e son chiuse tra mura d'invarcabile aria.
Sbalzano su, rotolano le nubi, s'urtano, vanno per fuggir dal chiuso, calano per vanire entro i burroni, s'alzano per oltrepassar li scogli, strisciano a terra: invano, perché il vento pur le riprende; e, reduci, le vane lagrime loro versano sul caldo suolo che fuma. Tornano alle nubi le loro vane lagrime, che ancora piovono in terra. E sempre in volta il vento con lunghi assidui sibili minaccia nella penombra solitaria.
È l'invisibile isola dei morti, tutta fiorita d'aridi elicrisi. Né luce v'è né buio. Una muffita nebbia nasconde il popolo dei sogni. Vi sono sterili alberi, curvati come a fuggire; ma li tiene il suolo disvincolanti. Fuggono le navi a vele aperte, tutte per un rombo. L'hanno veduto. Tra lo stridìo lieve, come d'uccelli, delle pallide ombre, volgendo gli occhi in giro, il suo fantasma, nel mezzo, nudo l'arco, sta.
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