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Giovanni Pascoli
Poemi del Risorgimento

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  • Repubblica Romana. Comando civico del comune di San Mauro Nr- 34.
      • III.
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III.

 

Ora egli è avvinto all'isola lontana

che sola spunta di tra le grandi acque;

che, sola tra la serenità calma,

è di perpetue nuvole involuta;

come se imperversasse una tempesta

là, vorticosa, interminabilmente;

una tempesta pallida e segreta,

incominciata all'albeggiar del mondo.

Tutte le nubi erranti per quel cielo

dagli alisei sono parate, a branchi,

là, con assidui sibili, e son chiuse

tra mura d'invarcabile aria.

 

Sbalzano su, rotolano le nubi,

s'urtano, vanno per fuggir dal chiuso,

calano per vanire entro i burroni,

s'alzano per oltrepassar li scogli,

strisciano a terra: invano, perché il vento

pur le riprende; e, reduci, le vane

lagrime loro versano sul caldo

suolo che fuma. Tornano alle nubi

le loro vane lagrime, che ancora

piovono in terra. E sempre in volta il vento

con lunghi assidui sibili minaccia

nella penombra solitaria.

 

È l'invisibile isola dei morti,

tutta fiorita d'aridi elicrisi.

Né luce v'è né buio. Una muffita

nebbia nasconde il popolo dei sogni.

Vi sono sterili alberi, curvati

come a fuggire; ma li tiene il suolo

disvincolanti. Fuggono le navi

a vele aperte, tutte per un rombo.

L'hanno veduto. Tra lo stridìo lieve,

come d'uccelli, delle pallide ombre,

volgendo gli occhi in giro, il suo fantasma,

nel mezzo, nudo l'arco, sta.

 




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