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Giovanni Pascoli
Poemi conviviali

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  • I VECCHI DI CEO.
    • II. L’inno eterno.
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II. L’inno eterno.

 

E sederono all'ombra d'una quercia

l'un presso l'altro. Sotto la lor vista

tra bei colli vitati era una valle

già bionda di maturo orzo; e le donne

mietean cantando, e risonava al canto

l'aspro citareggiar delle cicale

su per le vigne solatìe dei colli.

E nella pura cavità del cielo,

di qua di là si rispondean due voci

parlando di lor genti che lontane

tenea Corinto dove è un tempio dove

sono fanciulle ch'hanno ospiti tanti...

E nel mezzo alla valle era Carthaia

simile a bianco gregge addormentato

da quell'uguale canto di cicale.

Il mare in fondo, qualche vela in mare,

come in un campo cerulo di lino

un portentoso biancheggiar di gigli.

Tra mare e cielo, sopra un'erta roccia,

la Scuola era del coro: era, di marmo

candido, la ronzante arnia degl'inni.

Ivi le frigie tibie, ivi le certe

doriche insieme confondean la voce

simile ad un gorgheggio alto d'uccelli

tra l'infinito murmure del bosco.

Ivi sonava, dolce al cuor, la lode

del giovinetto corridore e il vanto

del lottatore; e per sue cento strade

l'inno cercava le memorie antiche,

volava in cielo, si tuffava in mare,

incontrava sotterra ombre di morti,

tornando, ebbro di gioia ebbro di pianto,

con due fogliuzze a coronar l'atleta.

 

Era lontano, e non vedean che il bianco

dei marmi al sole, i due pensosi vecchi.

Eppur di là l'alterna eco d'un inno

giungeva al cuore, o forse era nel cuore.

Da destra il giorno si movea col sole,

portando il canto e l'opere di vita,

verso sinistra, al mesto occaso, donde

co' suoi pianeti si volgea la notte

tornando all'alba e conducendo i sogni,

echi e fantasmi d'opere canore.

Fluiva il giorno, rifluìa la notte.

Sotto il giorno e la notte, e la vicenda

di luce e d'ombra, di speranza e sogno,

stava la terra immobile. Ma il coro

era più rapido. Arrivava un'onda

dal mare, un'altra ritornava al mare.

Era la vita. Dopo il moto alterno

d'un'onda sola che salìa cantando

scendea scrosciando, mormorava il mare

immobilmente. E molte vite in fila

salìan dal mare riscendean nel mare:

quindi l'eterno. E dall'eterno altre onde:

i figli. Altre onde dall'eterno: i figli

dei figli. E onde e onde, e onde e onde...

 

 




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